Roma, Delvecchio: "Seguo sempre la Roma. Il derby contro la Lazio è unico, mi faceva dare il meglio"

Le parole dell'ex attaccante giallorosso ospite dell'As Roma Podcast

di FILIPPO MONETTI -
3 aprile 2024
Marco Delvecchio con la maglia della Roma da giocatore

Marco Delvecchio con la maglia della Roma da giocatore

Roma, 3 aprile 2024 – Si è entrati ufficialmente nella settimana del derby e la Roma studia a distanza la nuova Lazio di Tudor. Intanto invece negli studi di Trigoria, il club ha ospitato nel suo As Roma Podcast un ex giallorosso che di derby se ne intendi, vale a dire Marco Delvecchio. Lui che di derby ne ha giocate e vinti, finendo anche sul tabellino dei marcatori, ha così parlato del club capitolino, della stracittadina, con aneddoti vari, e della squadra di De Rossi. Ecco le sue parole.

L'incontro con l'ex attaccante è cominciato parlando del kit speciale realizzato da Adidas, che la Roma vestirà nel derby. Il bomber è infatti testimonial della nuova maglia e come lui dice in avvio di podcast: "Con questa si può andare dappertutto. Porte aperte. Mi sono trovato benissimo a fare lo spot, quando c'è la compagnia giusta ci si sente a proprio agio e mi sono divertito tantissimo".

La maglia della Roma dona sempre, che sensazione ha rimettersi questa maglia?

"Da una parte è una bella sensazione, dall'altra brutta, perché so che non potrò giocare mai più con questa maglia, ormai l'età è avanzata. Però la maglia della Roma mi ricorda sempre bei momenti e grandi emozioni".

Che effetto fa tornare a Trigoria? Da quanto tempo non tornavi?

"Sono tornato 3 settimane fa per la prima volta dopo 10-15 anni. Non ho le date precise ma il periodo è quello. È cambiato tutto, non sapevo nemmeno a quale rotonda girare".

Però alla fine hai trovato la strada…

"Sì, però poi sono arrivato e non ricordavo nulla, perché anche qui è cambiato tutto. In meglio dico".

Quando un tifoso pensa a Delvecchio pensa al derby. Che legame hai con la Roma? La segui ancora? 

"Io non seguo tantissimo il calcio, ma seguo sempre la Roma. Se devo uscire il sabato o la domenica e c'è la Roma, allora non esco. Stessa cosa il lunedì, il giovedì, che speriamo l'anno prossimo diventi il martedì o il mercoledì. Le altre de riesco a vederle, le guardo, altrimenti non mi interessano più di tanto".

Essendo cresciuto nell'Inter hai giocato anche il derby di Milano. Quello di Roma ha qualcosa in più?

"Non c'è paragone. L'ho sempre detto anche quando giocavo il derby di Milano. Quando arrivavi allo stadio lo sentivi, magari c'era qualche coreografia, ma il derby di Roma lo inizi a vivere un mese prima che si giochi. Altra storia, altre tifoserie, altri sfottò. È un derby sentito 10 volte di più rispetto a quello di Milano".

E tu lo sentivi parecchio, perché quando scendevi in campo con la Lazio ti trasformavi: in 15 derby hai segnato 9 gol…

"Sai io penso che nella vita bisogna avere un po' di fortuna. Io ero fortunato e bravo a fare gol nel derby. Era una gara che sentivo; sapevo che fosse una partita importante, a cui tutti tenevano, anche noi della squadra. Riuscivo quindi a dare il meglio di me".

Un rapporto va anche coltivato e tu hai avuto costanza. C'è stato un derby in cui è scattato qualcosa in te, dove hai capito che quella era davvero la tua partita?

"Al primo gol ho pensato solo di aver fatto un gol al derby. Poi c'è stata una doppietta e ho pensato di averne fatto tre e di essere felice. Alla successiva doppietta ho capito che il derby era una cosa mia, tutti gli altri sono stati una conseguenza".

Il derby a cui sei più legato, quello che hai provato più emozioni?

"Il primo che abbiamo vinto dopo tanti derby che perdevamo, quello della stagione 1998-99. In quello prima avevamo pareggiato 3-3 e stavamo perdendo 3-1; poi c'è stato quello vinto 3-1 dell'anno che dicevo. È stato quello che ci ha fatto vincere tanti derby dopo".

Come vivevi i giorni che precedevano il derby, non ci pensavi o ti concentravi sulla partita e ti davi la carica?

"In queste partite non c'è bisogno di stimoli, sei carico a prescindere. Non vedevo l'ora che arrivasse il derby, pensavo in continuazione di volermi prendere la scena, perciò ogni volta pensavo di poter segnare ancora".

Riuscivi a incidere giocando sia dall'inizio sia a gara in corso e hai segnato in ogni modo possibile. A volte vai a rivedere i gol nel derby?

"Quando c'è il derby di Roma bene o male li fanno vedere, ma non sono uno a cui piace andarli a rivedere. Mi fa piacere guardarli quando ho modo di rivederli, ma non lo faccio spesso. Ogni tanto esce qualcosa durante il derby e inevitabilmente lo guardo".

Abbiamo selezionato i tuoi 5 gol più belli nei derby. Ora dovrai classificarli dal primo all'ultimo. Partiamo dal derby d'andata della stagione 1998-99, il gol del 3-3…

"Il gol non era fuorigioco, sono partito palesemente da dietro. Sembra un gol facile, però ero sicuro che sarebbe stato Marchegiani a prendere la palla. Mi sono buttato con l'esterno sinistro, pensando la palla potesse passare stava sfilando via, mi sono buttato con l'esterno sinistro con l'esterno che la palla scappasse via. Poteva andare bene o andare male. Mi è stato dato un pallone come andrebbe sempre dato, sempre dietro la difesa; perché se il difensore interviene rischia di fare autogol. Altrimenti l'attaccante viene messo in condizione di segnare. Lo metto al quinto posto".

Possiamo andare col secondo: sempre stagione 1998-99, ma nel derby di ritorno che la Roma ha vinto 3-1.

"Ho tirato forte sotto la traversa. Questo gol ogni volta che lo rivedo penso che sarebbe stato più bello fare il gancio quando Nesta stava arrivando in scivolata. Mi sarei trovato solo davanti a Marchegiani. Lo metto al terzo posto".

Ora c'è il terzo gol, siamo nella stagione 1999-2000, derby d'andata…

"Questo è facile, piattone sul primo palo a superare Marchegiani. Quando sento in telecronaca e parlano di una grande palla in profondità, questa per uno che gioca in Serie A è una palla semplicissima, come il mio movimento. È normale che un giocatore dia una palla in profondità se vede che può servire un compagno. Questo è l'ABC, ma non parlo di questo gol specifico, parlo in generale. Lo metto al quarto posto. Di quella partita ricordo che il primo tempo finì 4-0, stavamo rientrando e qualcuno si abbracciava. Capello si arrabbiò dicendo che non fosse finita (ride ndr). Lui era sempre sul pezzo".

Andiamo col gol successivo, segnato nella stagione dello Scudetto.

"Emerson, lancio in profondità, io l'ho toccata con la spalla, gancio a Nesta e Peruzzi è scivolato leggermente e l'ho messa sul secondo palo. Questo non so dire se sia il più bello, ma è anche quello che è rimasto più nella storia. La finta alla Delvecchio? Questo è il gancio! Per me questo gol è da secondo posto. Nel dopo partita i laziali pensavano fosse mano, ma quale mano, questa era spalla".

Ultimo gol è il derby della gloriosa stagione 2000-2001 c'è un grande assist di Zanetti…

"Sì, però ho lasciato questo gol al primo posto perché era l'anno dello Scudetto e il grado di difficoltà è elevato. La palla che arriva da Zanetti non posso stopparla, perché ho il passo lungo. Si merita il primo posto anche perché la stagione poi è finita bene!".

Il laziale che ti soffriva di più, lo abbiamo visto anche dalle immagini, era Nesta. C'era un giocatore della Lazio che soffrivi?

"Sì. Nesta era alto come me, aveva il passo lungo come me, mi trovavo a mio agio. Gottardi era velocissimo: quando me lo mettevano addosso avevo difficoltà a scappare da lui. In progressione andavo più veloce di lui, ma nei primi passi, quando spostavo la palla, era tanto reattivo".

C'è chi dice che non farsi travolgere dalle emozioni della partita aiuta a dare il 100%. Altri sostengono il contrario, tu cosa ne pensi?

"Se rimani freddo riesci a giocarlo meglio. io la penso così. Bisogna avere un approccio positivo ma non troppo intenso. Non ci pensavo troppo perché farlo levava tante energie, non ne facevo una questione di vita o morte. Percepivo il derby, ma cercavo di avvicinarmi alla gara come se fosse una partita qualsiasi. Però quando ero in campo davo sempre il 100%. Secondo me il segreto è cercare di viverlo con spensieratezza".

I tifosi hanno amato tutto di te, soprattutto la tua esultanza. Se non sbaglio era nata come polemica, sbaglio?

"Sì, ma sono equivoci che si possono creare tra le parti. Una volta che c'è stato il chiarimento qui a Trigoria, nella vecchia sala stampa, con tutti i capo-tifosi, avevamo capito che non aveva senso farsi la guerra. L'obiettivo di tutti era il bene della Roma. Si è risolto tutto, poi ho spiegato che il gesto delle orecchie era per sentire la gioia dei miei tifosi dopo il gol. È un gesto che loro hanno apprezzato".

Uno che il derby lo ha vissuto sempre con una certa intensità è De Rossi. Voi avete giocato insieme, ma non i derby. Che consiglio gli daresti?

"Daniele è un ragazzo nato a Roma, da sempre tifoso. Lo viveva come inizialmente lo viveva Totti. Avevano troppa emozione e a volte non riuscivano a esprimersi nel migliore dei modi. Lele (De Rossi) è cresciuto tantissimo, è maturato, saprà bene come affrontarlo nel migliore dei modi e sono sicuro che lo farà benissimo".

Come se la sta cavando da allenatore della Roma?

"Benissimo, parlano i risultati. Ha avuto un approccio inaspettato, quando torni in un ambiente dove hai giocato per tanti anni come giocatore e trovi anche gente con cui hai condiviso lo spogliatoio non è sempre facile rapportarsi nel modo giusto. Invece lui ha trovato un equilibrio con loro, società e gente che gli sta permettendo di fare un grandissimo lavoro. Complimenti a lui".

È opinione comune che il calcio stia cambiando tanto, più tattico e fisico. Tu lo percepisci?

"No, non lo percepisco tanto. Percepivo più il cambiamento tra il nostro calcio e quello degli anni '80. Tra il nostro e questo non percepisco differenza. Certo, si saranno sicuramente evoluti come tutte le cose anche nel modo di allenarsi, ma credo che i giocatori della mia epoca si troverebbero bene anche con i metodi moderni".

Si parla anche in maniera diversa di calcio, tra idee e modi di vedere differenti. Come ti schieri?

"Il talento individuale fa sempre la differenza, ma ci deve essere l'organizzazione. Senza l'organizzazione il talento si va a perdere. Io sono vecchia maniera, adesso si sentono tante terminologie diverse, che a me non piacciono molto".

Nell'anno dello scudetto sei stato fondamentale perché rispondevi a una necessità specifica. Dove ti vedresti oggi in campo?

"All'epoca mi defilai sulla sinistra per una richiesta di Capello, voleva giocassi a tutta fascia per Batistuta, Totti e Montella. Ho fatto la cosa migliore per giocare sempre. Se potessi rigiocare la carriera però me la rigiocherei da centravanti. Gli anni in quel ruolo ho giocato bene".

In questi anni ha visto qualche calciatore che ti ha ricordato te stesso?

"Penso che ogni calciatore sia diverso, non riesco a vedere un giocatore uguale all'altro. Possono ricordare magari qualche movenza, ma niente di più".

Dopo il ritiro c'è chi rimane nel mondo del calcio e chi magari si dedica ad altro. Tu ti sei scoperto ballerino, è sempre stata una tua passione o curiosità?

"Da giovane ero sempre quello che ballava all'interno degli spogliatoi. La musica mi piace, ti fa muovere, ti carica anche prima di una partita. Ho sempre ballato a casa, poi ho fatto questo programma ma non mi sono buttato nel ballo, ho fatto questa esperienza e basta".

Il podcast come al solito si è concluso con la sfida di disegno, con l'ospite a disegnare il lupetto caratteristico della maglia romanista.

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