Sartini ha trovato la sua casa in Canada: "Per Vancouver direi di no anche agli arabi"

Dai dilettanti di Prato alla Mls, il tecnico toscano è un idolo con i Whitecaps: "Ora sfideremo Messi, mi sembra impossibile"

di ALESSANDRO BELARDETTI -
24 agosto 2023
Sartini ha trovato la sua casa in Canada  "Per Vancouver direi di no anche agli arabi"

Sartini ha trovato la sua casa in Canada "Per Vancouver direi di no anche agli arabi"

Roma, 24 agosto 2023 – Dai dilettanti pratesi al alla Major League Soccer. L’allenatore fiorentino Vanni Sartini, dai tempi in cui difendeva la porta nei campi di Seconda categoria, ha scalato i gradini del calcio internazionale, diventando un idolo in Canada grazie ai successi coi Vancouver Whitecaps.

Due Canadian Championship vinte – una ai rigori contro Toronto di Bernardeschi, Insigne e Criscito – e una cavalcata dall’ultimo posto ai playoff Mls hanno mostrato al mondo il valore del Mr.Bean fiorentino (soprannome nato dopo la battuta di un noto attore canadese, per la somiglianza col comico Rowan Atkinson). Ma Sartini non è solo tattica e distintivo, ha un bagaglio culturale e morale esagerato. "Sono un amante dell’ironia, conosco 4 lingue, adoro viaggiare e dare il massimo perché so che molti vorrebbero il mio posto. Da 7 anni sono vegetariano, per dare il mio contributo contro il cambiamento climatico".

Sartini, nel 2010 allenava il Mezzana in Prima categoria: che effetto le fa poter sfidare Lionel Messi?

"Quello sarà un giorno speciale, ma farò di tutto per vincere. Io sono partito dal nulla, ho vissuto il calcio vero nei campi polverosi tra ragazzi che si allenavano dopo aver finito di lavorare. E anche se adesso ho la notorietà, resto umile come una volta".

Che cosa le manca dell’Italia?

"Piazzale Michelangelo a Firenze, l’olio buono, la famiglia, una birra con gli amici. A Vancouver funziona tutto alla grande, ma devi un po’ adattarti: dal rispetto maniacale delle regole alle relazioni più fredde. La mia vita, comunque, è un sogno".

Se la chiamasse una squadra italiana, farebbe le valigie?

"Sto trattando il rinnovo per 3 anni qui e voglio essere riconoscente con chi ha creduto in me. Per andarmene dovrebbe arrivare un’offerta unica: la qualità della vita in Canada è altissima e la Mls sta crescendo enormemente. Il mio sogno poi è dirigere una Nazionale".

E se uno sceicco arabo bussasse con 20 milioni all’anno?

"Direi di no, perché sono coerente. Per me i soldi non sono tutto. A Chicago per 3 anni non avevo l’auto, la noleggiavo. Ho un contratto da 600mila dollari e vivo in un Paese all’avanguardia per i diritti: non mi trasferirei mai in un posto dove mia moglie dovrebbe girare coperta e la religione governa tutto. La qualità della vita è tutto".

Come valuta la scelta del ct Mancini di dimettersi?

"Se la motivazione è una protesta con la Federazione che gli ha cambiato lo staff, e dunque non aveva più fiducia in lui, la condivido. Ma se avesse un’offerta da 40 milioni, lo capirei…".

Qual è stato il momento più bello coi Whitecaps?

"La finale con Toronto: lo stadio stracolmo, loro con un budget cento volte più alto del nostro, calciatori che vedevo in tv".

Ha mai provato a portare con sé talenti italiani?

"Ho cercato di fare venire Chiellini a Vancouver, ma il campo in sintetico del Bc Place è stato un problema. Poi i calciatori italiani costano troppo: c’è il tetto salariale per 17 giocatori su 20 della rosa. Anche un buon giocatore di B chiederebbe troppo".

Qual è l’avversario più forte che ha sfidato in Mls?

"Zlatan Ibrahimovic coi Los Angeles Galaxy. Ha un carisma che intimorisce anche i compagni di squadra".

Segue la Fiorentina?

"Mi sveglio alle 3 di notte per vederla giocare in diretta".

La gestione Commisso le sta piacendo?

"In Italia i proprietari Usa hanno fretta di raggiungere gli obiettivi in un anno e si lamentano se incontrano ostacoli, ma non funziona così. Bisogna programmare a lungo termine, mentre da voi si guarda anno per anno".

Cosa manca al calcio italiano per rinascere?

"Le strutture sportive, il marketing, la fiducia nei giovani. Poi andrebbero diminuite le retrocessioni, unite le due Leghe e creato un sistema di spartizione più equo degli introiti tra big e piccoli club".

Sembra di sentire parlare Renzo Ulivieri, il suo mentore.

"Ci sentiamo spesso, mi ha trasmesso la voglia di studiare sempre il calcio e imparare ad adattarsi a nuove tattiche. Davide Nicola, altro mio maestro, mi ha insegnato a valorizzare i collaboratori e a mettere il collettivo davanti all’individuo".

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