Quelli che alla fine restano. Quando la ’B’ sa di fedeltà

È toto nomi su chi continuerà in neroverde dopo la clamorosa retrocessione. La storia del pallone insegna: dalla Juve 2006-07 a Batistuta, Hagi e... Casagrande.

9 giugno 2024
Quelli che alla fine restano. Quando la ’B’ sa di fedeltà

Quelli che alla fine restano. Quando la ’B’ sa di fedeltà

di Lorenzo Longhi

SASSUOLO

I tifosi che, recentemente, hanno appeso al Mapei Football Center lo striscione che invocava i rinnovi per Consigli, Obiang e Pegolo hanno, in qualche modo e certo nella loro maniera, azzeccato un punto: dopo una caduta, se davvero il gruppo del Sassuolo – come diceva Ballardini – era formato da "ragazzi seri, che ci tengono, anche troppo", questo è il momento per mostrarlo, dove si può rinunciare almeno per un po’ a una pur legittima ambizione in favore di un debito di riconoscenza. I pensieri dei tifosi e quelli della società (ma anche quelle degli stessi giocatori, inevitabilmente, perché le vite sono le loro) possono non convergere, e dei nomi scritti sopra forse l’unico che ha qualcosa da perdere in carriera è Obiang, ma restare dopo una retrocessione è un segno per chi c’è, per chi se ne va e per chi arriverà. Il passato racconta di vicende che sono rimaste nella storia del calcio e, chiaramente, nell’epica dei tifosi. La Juventus 2006-07 insegna: restarono in B gente come i campioni del mondo Gianluigi Buffon, Mauro Camoranesi, Alessandro Del Piero, l’ex pallone d’oro Pavel Nedved e un bomber con alle spalle trofei anche con la nazionale francese come David Trezeguet. Nessuno come loro, ma non furono gli unici. Angelo Di Livio, ex bianconero, era alla Fiorentina quando il fallimento portò il club a ripartire dalla C2 come Florentia Viola: aveva 38 anni, restò e con il club tornò anche in A. In altri tempi – pre sentenza Bosman, va detto, e in un’epoca in cui gli agenti avevano ben meno potere – si ricordano situazioni oggi impensabili: Effenberg e un giovane Batistuta rimasero con la Fiorentina sprofondata in B nel 1993, lo stesso anno in cui finì in cadetteria anche il Brescia nel quale rimase Hagi, mentre un segnale forte di continuità volle darlo, alcuni anni prima, nel 1990, il brasiliano Walter Casagrande. Chi lo ricorda? Uno dei più rilevanti esponenti della Democracia Corinthiana, il celeberrimo metodo di autogestione interna del Corinthians negli anni di Socrates, arrivò all’Ascoli di Rozzi nel 1987 e, quando i bianconeri finirono in B nella stagione 1989-90, Casagrande decise di restare, ridimensionando l’ingaggio e pur avendo 27 anni, perché l’annata della retrocessione sentì di non avere dato il suo contributo a causa di diversi infortuni. Rimase, segnò 22 reti, riportò l’Ascoli in A e fruttò oltre 5 miliardi di lire al club per la successiva cessione al Torino. E a Sassuolo? Lo vedremo. Dei nomi storici, Matheus Henrique ha chiuso un suo post sui social con un "Torneremo più forti, ci vediamo presto", Obiang è una possibilità, Berardi no, gli altri con una media storia neroverde è difficile, ma chissà. Di certo, se per chi vorrà ci sarà posto, sarebbe un capitolo non banale.

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