Spal, gli errori sono a monte. Dal mercato estivo è nato l’ennesimo ’non progetto’
Difficile ricordare stagioni di serie C con così tante goleade al passivo. A Dossena è stato dato un organico incompleto, ora occorre rimediare.
Desolazione. Incredulità. E rabbia. Eccoli, i sentimenti dei tifosi della Spal al risveglio dopo la batosta di Pontedera, senza meno uno dei momenti più bassi nella storia dei biancazzurri. L’1-5 al "Mannucci" ha avuto il potere di richiamare alla memoria l’antico flop di Mestre ‘82 sotto i colpi del carneade Tappi, quadruplettista di giornata. Soprattutto perché fa seguito allo 0-3 di Perugia, allo 0-4 di Campobasso e all’1-4 di Terni, tutti segnali chiari della tendenza di questa Spal a finire nel frullatore quando le cose virano al peggio. Se passa in vantaggio o rimane dentro la partita la squadra può fare risultato, ma se va sotto si sfalda e crolla con tonfi pesantissimi.
Difficile ricordare stagioni di serie C con tante goleade al passivo: che poi capiti con la terz’ultima in crisi nera, che non vinceva da sei giornate e che in casa aveva battuto solo il Sestri Levante, fa colpa doppia. Anche perchè si trattava di un confronto diretto ora impossibile da rimediare nel ritorno, e che riporta sotto il Pontedera a -1. Peccato grave, perchè era una partita chiave. Doveva decretare se la Spal è pronta per un altro campionato, e la risposta è stata chiara: no, non lo è. Come sempre nell’era Tacopina si dovrà lottare solo per la salvezza. E questi ripetuti, sonanti rovesci evidenziano la mancanza dell’ingrediente più importante se ci si batte in coda: la cattiveria agonistica, la capacità di reagire alle avversità.
Casella ha più che ragione quando autoaccusa la società: tutto discende da quel disastroso finale di mercato, che ha lasciato l’organico incompleto costringendo poi a prendere El Kaddouri e Bidaoui, la cui utilità è sotto gli occhi di tutti, come non era difficile intuire dal principio. Chiamare Dossena senza fornirgli gli ingredienti necessari per preparare il suo piatto, significa dar vita per l’ennesima volta a un non-progetto. Non è il caso di picchiare troppo sul nucleo di giocatori che in assenza dei mille infortunati sta tenendo in vita la Spal e ha appena vinto tre partite fondamentali: si stanno spremendo senza cambi e al di là degli errori di giornata, non gli si può imputare più di quel tanto. La dedizione c’è. E’ la società ad aver mancato, e clamorosamente: e ora è la società a dover riparare a gennaio. Il guaio è che non mancano solo giocatori, manca anche il nerbo, cioè i leader di temperamento che sanno reagire alle difficoltà.
E il nerbo è più difficile da comprare al mercato. La sola costante degli ultimi quattro anni è Joe Tacopina, che ha immesso milioni su milioni seminando male e finendo per raccogliere solo fango. Spetta a lui dare a Casella e Dossena gli strumenti per ribaltare la situazione, se non vuole finire miseramente tra i dilettanti, vedendo sfumare ogni investimento. A gennaio dell’anno passato con Di Carlo gli riuscì, ora si deve ripetere. Ne avrà gli strumenti? Lo si capirà già alla scadenza del 16 dicembre, quando il club dovrà evitare la trappola di un’altra penalizzazione. Ne avrà ancora la voglia, sentendosi dileggiato dal pubblico? Sarebbe bene che lo chiarisse, con i fatti naturalmente, e magari anche spiegando pubblicamente che ne sarà della povera Spal. Perché al momento non ci sono magnati in arrivo, ed è sempre da Joe che dipendono le magnifiche sorti e progressive del club.
Mauro Malaguti
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