Ciclismo, Walscheid: "Dopo il ritiro farò il medico"

Il tedesco si apre sulla vita futura: "Seguirò una vocazione di famiglia. Non volevo parlarne, ma il Team Jayco AlUla mi ha spinto ad aprirmi su una scelta che potrebbe aiutare molti giovani"

di GIUSY ANNA MARIA D'ALESSIO
16 gennaio 2025
Max Walscheid (Ansa)

Max Walscheid (Ansa)

Roma, 16 gennaio 2025 - In gruppo Maximilian Richard Walscheid, noto semplicemente come Max, è già uno abituato a spiccare per una mole non da poco (199 cm per 92 kg): il tedesco decide di prendersi i meritati riflettori anche affermando di pensare già al dopo ritiro, per una scelta tutt'altro che banale ma non inedita.  

Le dichiarazioni di Walscheid

  Nel ciclismo femminile i dottori non mancano: basti pensare a Erica Magnaldi ed Elise Chabbey. A loro si unirà Walscheid, che si è aperto sul proprio futuro ai microfoni di Rouleur. "Diventare dottore è stata la mia ambizione fin da quando ho finito la scuola, mentre essere un ciclista professionista non lo è mai stato, anche perché non arrivo da una famiglia di sportivi e non conoscevo persone che vivessero grazie allo sport. I miei genitori e la mia sorella più grande sono dottori e quindi si può dire che questa sia un po' una vocazione di famiglia". Nel frattempo però, a dispetto dei pensieri giovanili, Walscheid si è imposto nel professionismo, mondo nel quale è entrato nel 2016 ricoprendo un ruolo da protagonista nelle volate, da protagonista o da apripista, e nelle cronometro: il pensiero fisso della medicina però è sempre stato presente. "Quando sono diventato professionista ho dovuto interrompere i miei studi perché stava diventando complicato fare tutto. Nel 2020 mi sono rotto una mano e poi è arrivata la pandemia. Ero a casa e non potevo allenarmi e dunque ho ricominciato a studiare. All'inizio ero spaventato, perché dopo tanti anni pensavo di aver dimenticato tutto: invece è stata la scelta giusta". Scelta che dopo il ritiro farà del corridore del Team Jayco AlUla un dottore nonostante la reticenza ad aprirsi sul tema. "Non ho mai voluto parlarne per non essere visto come il 'futuro medico': volevo essere visto come Max Walscheid, di professione corridore, buon corridore. Ma arrivare al Team Jayco AlUla ha cambiato le cose perché si sono dimostrati molto attenti e comprensivi e mi hanno spinto a parlarne". Infine una chiosa su quella che potrebbe essere la specializzazione. "Al momento non so. Potrei diventare un medico di base e magari restare nel mondo del ciclismo. Sarebbe un inedito, perché non credo che alcun professionista dopo il ritiro sia mai diventato il dottore della squadra. Potrebbe essere interessante e il fatto di essere stato in gruppo penso mi darebbe ancora più credibilità. Ho molto rispetto dei medici in questo sport, perché è vero che di solito i problemi dei corridori sono sempre i soliti, ma esiste una percentuale minima nella quale devono essere bravi e veloci a capire cosa stia succedendo di inaspettato". L'esempio del tedesco, in uno sport in cui non tutti hanno gli introiti di fuoriclasse come Tadej Pogacar, può essere anche un monito per chi si affaccia nel ciclismo. "Credo che la maggior parte dei professionisti debba trarre beneficio dall'avere esperienza in altri ambiti di lavoro. Oggi molti ragazzini si interfacciano perdendo il contatto dalla vita reale, senza pensare al dopo. Invece - conclude Walscheid - saper fare qualcosa ti dà credibilità nel presente e un'opportunità in più per il futuro".

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