Europei di ciclismo 2023, scoppiano i casi Kung e Reusser

I due corridori svizzeri sono finiti per motivi diversi al centro di un dibattito che evidenzia diverse lacune dell'UCI

di GIUSY ANNA MARIA D'ALESSIO
21 settembre 2023
Stefan Kung dopo la caduta (Alive)

Stefan Kung dopo la caduta (Alive)

Roma, 21 settembre 2023 - L'immagine di Stefan Kung sanguinante e con il casco distrutto è già la più forte degli Europei di ciclismo 2023, con l'impresa di Joshua Tarling di fatto passata in secondo piano e probabilmente dell'intera stagione. A colpire è la potenza della situazione in sé, che ben denota lo spirito mai arrendevole dei corridori, ma anche una presunta (per non dire probabile) violazione del protocollo UCI.  

I punti oscuri

  I punti oscuri sono diversi. Il primo: in linea teorica un corridore non potrebbe continuare a gareggiare con un casco non più funzionante e utile alla causa (per usare un eufemismo). E' il caso proprio dello svizzero, letteralmente salvato da un attrezzo che proprio quest'anno ha compiuto i 20 anni di obbligatorietà nel ciclismo professionistico. Solo in seconda battuta ci si potrebbe chiedere se sia normale la distruzione quasi totale del suddetto casco da cronometro, probabilmente creato più per essere performante e aerodinamico nella disciplina che sicuro. Erroneamente forse si pensa che le prove contro il tempo nascondano meno rischi per i ciclisti, che invece volano a velocità folli e con una postura del corpo tale da non avere un'ottima visuale della strada e dei pericoli che nasconde, come appunto le transenne fatali per Kung: ne sa qualcosa anche Egan Bernal, che a gennaio 2022 in allenamento rischiò la vita proprio su una bici da crono. Probabilmente la stessa ammiraglia della rappresentativa elvetica avrebbe potuto avvertire il corridore della traiettoria sbagliata e pericolosa imboccata a causa di quelle transenne forse spostate dal vento, che soffiava (per la verità in maniera blanda) da sinistra o forse poste incautamente troppo al centro della carreggiata. Fatto sta che l'impatto è devastante ma non impedisce a un Kung forse in quel momento anche poco lucido di montare di nuovo in bici per completare la sua prova, chiusa addirittura a ridosso della top 10: praticamente un'impresa per colui che era stato protagonista di un impatto del genere che gli ha di fatto tolto un posto sicuro sul podio. Anche qui qualcosa non torna: consentire a un corridore in evidente stato di shock di tornare in sella sembra una chiara violazione di quel punto del protocollo UCI che obbliga l'atleta a fermarsi allorché è coinvolta la testa.

Il caso Marlen Reusser

  Che la spedizione continentale nella Drenthe non fosse partita sotto i migliori auspici lo si era capito già nel primo pomeriggio, quando Marlen Reusser si era aggiudicata la prova a cronometro femminile. Il dominio della svizzera è stato netto ma non senza una macchia, anche qui non pulita dall'apposita norma prevista nel regolamento: l'atleta del Team SD Worx si era presentata in bici con dei calzini dalla lunghezza ben maggiore rispetto a quella prevista dall'UCI, che ancora una volta tace e non interviene neanche al cospetto di chi tira in ballo addirittura la squalifica della neo campionessa europea della disciplina. La stessa UCI che appare invece implacabile allorché bisogna riscuotere multe per motivi ben più futili.

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