Giro d’Italia 2023, le pagelle della tappa 18. Zana da 10, Roglic lancia un segnale

In Val di Zoldo il campione italiano è andato a bersaglio battendo in volata il compagno di fuga Thibaut Pinot

di ANGELO COSTA -
25 maggio 2023

Val di Zoldo, 25 maggio 2023 – Sul traguardo di Val di Zoldo l’impresa di Filippo Zana (Team Jayco), che ha conquistato la tappa 18 del Giro d’Italia battendo allo sprint il compagno di fuga, il francese Thibaut Pinot. Ecco le pagelle.

Filippo Zana festeggia la vittoria
Filippo Zana festeggia la vittoria

10 a FILIPPO ZANA. In fuga per scelta tattica, riceve il via libera dal team quando è chiaro che il suo capitano Dunbar è troppo distante: bravo a non farsi sfuggire l’occasione di fare il primo centro al Giro, dove il tricolore torna a sventolare dopo sette anni (l’ultimo, Nibali, nel 2016). Cresciuto in una squadra college come la Green Project Bardiani Csf Faizanè della famiglia Reverberi, il veneto dimostra che negli squadroni meglio andarci pronti, dopo essersi fatti un po’ d’esperienza: ciò che purtroppo molti nostri talenti non fanno.

8 a PRIMOZ ROGLIC. A chi l’ha visto in crisi sul Bondone, a chi pensava che la ferita alla coscia ne limitasse il rendimento, risponde da par suo: quando si muove, fa male. Sceglie di farlo sulle pendenze più adatte a lui, lanciando un segnale forte e chiaro alla concorrenza: o lo sloveno viene messo in difficoltà nel supertappone dolomitico o sabato nella cronoscalata sono dolori.

8 a SEPP KUSS. Storico ski-lift di Roglic, che gli deve almeno una vittoria alla Vuelta e un quasi successo al Tour, torna nei panni prediletti, dando l’impressione di averne più di tutti. Lancia il suo capitano, torna a soccorrerlo nel tratto di pianura prima dell’ultimo decollo: se lo sloveno fa giornata, è anche merito suo.

8 a GERAINT THOMAS. Festeggia 37 anni prima con una torta rosa, poi con una prova perfetta. Non dà mai segni di difficoltà, è sempre pronto a rispondere quando Roglic forza la mano. Dice di sentirsi come al Tour del 2018, chiuso in cima al podio dei Campi Elisi, ma soprattutto continua a dimostrarlo.

6 a DAMIANO CARUSO. Perde subito le ruote del trio che guida il Giro, perde una posizione di classifica perchè Dunbar resiste meglio di lui. Fa quel che può fare, senza illudersi, come aveva già fatto a parole alla vigilia dicendo che ‘è inutile girarci troppo intorno: conta aver le gambe’. Verranno tempi migliori, magari sulle Dolomiti…

5 a JOAO ALMEIDA. Insufficiente è il risultato, frutto del primo vero cedimento del portoghese. Ma meriterebbe un voto più alto per la tenacia con cui lotta nel finale, cercando di riagganciare i due rivali di classifica che se ne vanno. Contiene il distacco in una ventina di secondi, nonostante il solito Vine in discesa rischi di farlo deragliare: per come si era messa, alla fine può sorridere anche lui.

5 a THIBAUT PINOT. Va in fuga per riprendersi la maglia degli scalatori e centra l’obiettivo. Già che è lì, ci sarebbe anche una tappa da vincere, ma come a Crans Montana corre in maniera sgangherata: stavolta di avversari ne ha uno solo, come in Svizzera meno veloce allo sprint, ma le energie buttate gli presentano il conto. D’accordo chiamarsi Pinot, ma c’è un limite anche per il Pinot frizzante.

4 a BEN HEALY. Prova a difendere la maglia azzurra di miglior scalatore andando subito all’attacco, ma viene respinto con forti perdite: al traguardo si presenta con 37 minuti di ritardo dal vincitore. Ha ragione il saggio Wegelius, che lo guida dall’ammiraglia nel suo primo grande giro: ‘Solo correndo s’impara’.  

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