Duran nella Hall of Fame: "Premio speciale"

Alessandro riceverà il riconoscimento il 28 ottobre a Forlì: "Il coronamento di una carriera di cui soltanto ora mi sto rendendo conto"

22 settembre 2023
Duran nella Hall of Fame: "Premio speciale"

Duran nella Hall of Fame: "Premio speciale"

Quella di sabato 28 ottobre a Forlì, sarà una serata importante per Alessandro Duran. L’ennesima di una vita dedicata allo sport. Sarà infatti ufficialmente incluso nella Hall of Fame del pugilato italiano, cioè tra gli immortali della noble art tricolore ove già l’hanno preceduto Nino Benvenuti, Patrizio Oliva, Maurizio Stecca, Giovanni Parisi, Primo Carnera, Sandro Mazzinghi, Bruno Arcari, Gianfranco Rosi, Francesco Damiani, Simona Galassi, Anacleto Locatelli, Duilio Loi, Loris Stecca, Sumbu Kalambay, il fratello Massimiliano Duran, Roberto Cammarelle, Enrico Venturi, Mario D’Agata, Rocky Mattioli, Valerio Nati, Michele Piccirillo e Umberto Branchini.

"E’ una soddisfazione immensa – sottolinea Alex durante una pausa del quotidiano impegno presso la palestra della Pugilistica Padana di via Porta Catene – E’ il coronamento di una carriera ventennale della quale solo adesso che l’ho alle spalle mi rendo conto".

Cosa vorresti dire?

"Voglio dire che avere sostenuto 17 campionati italiani, 9 europei e 7 mondiali, per un totale di 33 combattimenti valevoli per un titolo è una cosa che fa quasi girare la testa. Chi l’avrebbe mai detto? Quando li ho disputati non ci pensavo ma adesso posso dire che sono molto orgoglioso di quello che ho fatto. Arrivare lassù e restarci per tanti anni non è facile".

La Hall off Fame per ogni sport è una specie di tempio dei grandissimi..,

"Sì ed è motivo di una gioia indescrivibile. Significa che sono rimasto nel cuore e nella memoria di uno sport che ho amato e amo da quando sono nato. Eppoi è un poker. Sì, perché si aggiunge all’Oscar del pugilato conquistato nel 1997 con la vittoria su Malinga, all’Oscar 1998 conquistato per il match con Piccirillo, al premio ricevuto con il successo su Pestriaev, giudicato il migliore match svoltosi in Europa nel 2000. E nel 2005, a Varsavia, il Panathlon International mi ha consegnato il premio mondiale “Fair Play” alla carriera".

Hai qualche rimpianto, guardandoti indietro?

"E’ mancata la ciliegina sulla torta, cioè il mondiale in America. Due volte sono arrivato ad un millimetro, ma entrambe sono svanite e purtroppo proprio per verdetti ingiustissimi, come forse molti ricorderanno. Quando venni fermato per una ferita superficiale con Pestraiev nel primo match andò a monte l’attacco a Trinidad e il furto subito a Copenaghen con Damgaard mi costò l’appuntamento con Mosley. Peccato. Tanti soldi e fantastiche opportunità svanite nel nulla".

Quali sono le maggiori gioie che hai provato sul ring?

"A Chicago, quando debuttai vittoriosamente a 18 anni e tutti dicevano che io e mio padre eravamo matti. Eravamo così matti che poi negli anni seguenti abbassarono l’età per passare professionisti. Dimostrai che si può diventare pugili di alto livello con appena una manciata di match dilettantistici e senza avere compiuto 21 anni. Poi la prima corona della carriera, quella tricolore, contro Pesci a Ferrara e l’incredibile piazza Trento Trieste ricolma di 9.000 persone. Capii che tanta gente mi voleva bene e la ripagai, credo, con una grande prestazione battendo lo spagnolo Escriche per il titolo d’Europa".

E ora?

"Ora alleno in palestra e faccio il commentatore televisivo di boxe per Dazn. Mi tolgo tante soddisfazioni e inoltre non mi allontano mai dal mio mondo che, pur pieno di difetti, resta meraviglioso. Quando la gente dice che mi ha visto sul ring o ascolta le mie telecronache o ha sentito parlare di quanto ho fatto con i guantoni alle mani. Beh, non potrei chiedere di più".

Gualtiero Becchetti

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