Il miracolo chiamato Cgc

La prima partita andò in scena 75 anni fa al campo dei Pini .

12 febbraio 2024
Il miracolo chiamato Cgc

Il miracolo chiamato Cgc

Il traguardo dei tre quarti di secolo dalla prima partita disputata è a un passo (il prossimo 24 febbraio) ma oggi il torneo di Viareggio, edizione numero 74, mollerà gli ormeggi, cercando di esorcizzare i timori che affiorano sempre alla vigilia di qualsiasi evento. E’ non è solo scaramanzia. Da qualche tempo gli organizzatori devono fronteggiare anche il dileggio irriverente – le critiche ragionate sono un conto, un altro i discorsi di pancia, ricchi di antipatia personale - di chi sembra non essersi reso conto che da diversi anni il mondo del calcio è cambiato in maniera radicale. Le critiche fanno parte del gioco, ma devono partire da dati oggettivi.

Settacinque anni fa, nell’anno di grazia 1949, quando il torneo di Viareggio cominciava a mettere le penne per spiccare il volo, la passione e l’entusiasmo dei giovani dirigenti del Cgc – usciti provati e disorientati dalle paure della guerra – erano il carburante che alimentava il motore della società organizzatrice. Non era facile anche allora far quadrare i conti e andare incontro alle esigenze dei club invitati, eppure erano solo nove. Come non è facile oggi. Pensate – lo testimoniano gli archivi dei giornali e del Cgc Viareggio – che per ospitare le prime squadre straniere, i dirigenti del Centro fecero salti mortali che siglare convenzioni con gli alberghi, per il contenimento dei prezzi: così ai componenti della squadra, più gli accompagnatori, “al massimo quindici elementi” veniva garantita colazione, pranzo e cena, ma stando attenti, molto attenti a non sprecare niente. Colazione sobria, caffè, latte, burro e un fetta di pane; a mezzogiorno, un piatto di brodo, “con il tuorlo d’uovo” oppure pasta al sugo; per secondo, piatto di carne o pesce (non specificato), con il contorno di verdure; il tutto accompagnato da un frutto e un quarto di vino a testa. Se qualcuno voleva il caffè, lo prendeva al bar fuori, in Passeggiata, mettendo le mani in tasca. Provate a far leggere un menù-trattamento del genere alle squadre di oggi e vedrete la risposta... Tanto più che negli staff anche delle squadre c’è spesso un nutrizionista che detta il menù e gli ingredienti da utilizzare allo chef. Le stesse difficoltà c’erano per i trasporti. Insomma, i primordi del torneo sono stati un terno al lotto. Vincente, visto come poi si era evoluta la manifestazione.

E’ in quel clima di gioiosa allegria che contagiava tutta la città, il torneo accese i razzi, memore semmai dell’anno precedente, quando la Coppa Carnevale che vide coinvolte le squadre dei bar di Viareggio, fa davvero la prova generale del progetto che dirigenti visionari, a cominciare da Torquato Bresciani, avevano in mente per il futuro del calcio in città, dandogli un’impronta internazionale di pari passo al Carnevale. Alle 13,30 del 24 febbraio, giovedì grasso, giornata canonica di un certo tipo di opulenza godereccia con i piedi sotto il tavolo, al campo dei Pini, fu consumato il primo atto di un’epopea calcistica che ha scavalcato il secolo, arrivando fino ad oggi, con le naturali rughe del tempo ma con la consapevolezza che la Coppa Carnevale ha contribuito a fare conoscere in tutto il mondo Viareggio e la sua gente. Fu Limberto Taccola, futuro “Taccolino che vende il baccalà” (cit. Egisto Malfatti) a toccare il primo pallone della partita inaugurale della prima gata del torneo di Viareggio, la selezione versiliese guidata da una troika di dirigenti e tecnici con Carmelo Santini, Mameli Viani e Antonio Giordani, contro quella di Livorno.

Fu dell’attaccante labronico Carlo Cecchini il primo gol della manifestazione, dopo un minuto di gioco. Poi si scatenarono i salmastrosi di sabbia e per i salmastrosi di scoglio fu notte fonda: 4-1, con le reti locali messe a segno da Balduini, Giorgetti, Tofanelli e Francesconi. Per la storia, la formazione bianconera scesa in campo era Verona, Fabbri, Michelotti, Berti, Rovini, Francesconi, Balduini, Giorgetti, Tofanelli, Taccola, Bertuccelli. Senza dimenticare che l’anno prima, nella prima Coppa Carnevale, progenitore del torneo di Viareggio, il titolo andò al bar Lencioni (sconfitto in finale il bar Fattore), con un campo dei Pini, che ribolliva di passione e molti militari americani di stanza nella zona del futuro Camp Derby fra gli spettatori. Fra i protagonisti di quell’incontro due giovani calciatori che nel futuro della loro vita sono stati i ‘pappà’ di due leggende dello sport cittadino: Alessandro Cupisti e Alessandro Pardini, portieroni dell’hockey su pista nel Cgc Viareggio. Il sottile filo rosso della storia.

Giovanni Lorenzini

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