L’Imolese prova a ripartire. Retrocessione e penalità: le macchie da cancellare

Calcio serie D Si è chiuso l’anno peggiore per il club rossoblù. Dopo la discesa tra i dilettanti, anche diversi problemi societari.

di GIOVANNI POGGI -
2 gennaio 2024
Retrocessione e penalità: le macchie da cancellare

Retrocessione e penalità: le macchie da cancellare

Che il 2023 sarebbe stato un anno da dimenticare per i colori rossoblù lo si era già capito dalle prime settimane: tre sconfitte consecutive contro Lucchese, Siena e Torres, e una classifica che piangeva a dirotto.

A fare da sfondo, quella serie C che qualche mese dopo sarebbe sfumata in un’aula di tribunale, senza che la squadra potesse giocarsi le proprie speranze di restare tra i professionisti sul campo, tramite gli spareggi. E pensare che, qualche mese prima del ’fattaccio’, le speranze si erano momentaneamente riaccese, perché dopo gli stop citati qui sopra e il ritorno in panchina di Antonioli, a marzo, i rossoblù diedero un calcio alla crisi, riuscendo a rimettersi in parte in carreggiata, sfruttando anche gli innesti del mercato invernale (su tutti il bomber Simone Simeri).

Tre gioie di fila (Olbia, Ancona e Montevarchi) che sotterrarono per un attimo i problemi dentro e fuori dal campo, ma che presto si rivelarono illusorie. Il 6 aprile, a Pesaro, l’Imolese gioca e perde il delicato scontro diretto contro la Vis (1-0), dopo che in giornata era arrivata la penalizzazione di due punti del Tribunale Federale Nazionale per il mancato versamento delle ritenute Irpef legate al periodo gennaio-agosto 2022 e alla mensilità di dicembre: risultato, 5 punti persi complessivi e un addio virtuale alla salvezza.

Eppure, nelle ultime due giornate, i rossoblù sul campo conquistarono 4 punti, il minimo indispensabile per agguantare l’ultimo treno playout, proprio contro la Vis Pesaro: una doppia sfida che però non si giocherà mai.

Altro giro, altra sanzione, e il 15 maggio la Corte Federale d’Appello, dopo aver respinto il reclamo del club rossoblù, conferma i punti di penalizzazione (più ammenda), i marchigiani, in virtù delle 10 lunghezze di distacco in classifica, restano in serie C.

Dopo 5 stagioni, Imola dice addio al mondo del professionismo, lo fa in malo modo e con una società assente, tra la rassegnazione di chi questa squadra ce l’ha a cuore.

Nei mesi successivi, a livello dirigenziale, accade un po’ di tutto, con la paura anche di una possibile mancata iscrizione alla serie D, che però arriva entro il limite. Del nuovo organigramma, assieme a Savini e a Di Benedetto, figure già note in città, fa parte anche Domenico Altomonte, che a luglio si presenta entusiasta e carico di progetti, salvo essere cacciato tre mesi dopo con un secco comunicato ("Decisione necessaria in quanto non verificatesi le condizioni necessarie e le promesse fatte da Altomonte").

Pochi giorni dopo, un altro cambio al vertice, con il ruolo di presidente affidato a Di Benedetto e di vice a Nicola Vocaturo. Sul campo, la squadra parte fortissimo, i primi due mesi sono da sogno, in campionato e in coppa.

Poi, un’altra penalizzazione (-1, relativo alle mensilità del giugno) e i primi risultati negativi, che presto si tramutano in crisi, quella che l’Imolese di Gianni D’Amore (diventato nel frattempo tecnico della prima squadra dopo aver portato alla salvezza la Primavera a fine stagione scorsa) dovrà interrompere quanto prima, per evitare un altro drammatico scivolone in basso.

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