L’antidoping in vacanza. Il test a Moro è in Kenya
Ciclismo Rachele Barbieri racconta via social la sorpresa arrivata nel resort. Un controllo al compagno ciclista mentre trascorrevano insieme le ferie.
Un controllo antidoping a sorpresa per un ciclista professionista è ormai un fatto consolidato e previsto dalle regole della federciclismo internazionale per gli atleti world tour. Ma quanto è successo a Rachele Barbieri e soprattutto al suo compagno Manlio Moro sembra una storia a tratti increbile. Atleta della Dsm Firmenich lei e del Team Movistar lui, in questi giorni si trovavano in vacanza in un Resort in Kenya, felici e spensierati per godersi un periodo di meritato riposo dopo una stagione piuttosto intensa conclusa con gli europei su strada per Rachele e i mondiali su pista per Moro dopo che era stato riserva alle Olimpiadi a Parigi.
Invece tutto ad un tratto hanno bussato alla loro porta della coppia gli ispettori dell’antidoping per un controllo a sorpresa a Moro. Il protocollo prevede che ogni atleta debba obbligatoriamente segnalare con largo anticipo i propri spostamenti, sia per quel che riguarda le gare che per quanto concerne le vacanze. Gli ispettori, dunque, potrebbero arrivare in qualsiasi momento anche in un resort in Kenya come è avvenuto in questo caso. Seppure certamente un incontro non simpatico, in particolare Rachele ha provato a prenderla con un sorriso documentando la storia del suo Moro pronto a sottoporsi all’esclusivo ’test anti doping in vacanza’, come la vicenda è stata ribattezzata via social . I controlli a sorpresa molti corridori si sono trovati a doverli affrontare nei posti più disparati, in modo particolare durante gli stage di preparazione in altura o in Riviera durante gli allenamenti in preparazione della stagione, ma quanto capitato a Manlio e Rachele è la dimostrazione che i controlli a sorpresa possono capitare per i ciclisti anche a migliaia di chilometri in un resort sull’Oceano. Però dobbiamo ammettere che ha dell’incredibile poichè entrambi i ciclisti hanno terminato la stagione da oltre venti giorni, l’episodio è la dimostrazione che nel ciclismo dopo i casi di doping negli anni passati i controlli sono costanti.
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