Sarah Fahr, chi è la stella dell’Italvolley: le origini tedesche, il padre skipper e quell’incontro in treno che le cambiò la vita

La 22enne è stata decisiva nella vittoria contro la Turchia, ora c’è la finale olimpica. Il suo motto? “Fai della tua vita un sogno e di un sogno una realtà”

di DORIANO RABOTTI, INVIATO -
11 agosto 2024

Parigi, 11 agosto 2024 – L’ha portata il vento, per far sorridere l’Italia. Sarah Fahr parla toscano ma è figlia di uno skipper tedesco. E ha cambiato vita grazie a un incontro in treno.

La medaglia olimpica è una prima forma di risarcimento per una ragazza che ha dovuto soffrire tanto, in termini di infortuni, negli ultimi anni. Era il rito di passaggio necessario, forse, per arrivare a decidere il finale del terzo set contro la Turchia con una serie di muri che hanno dato la certezza della medaglia alle azzurre.

Sarah Fahr
Sarah Fahr

L’incontro in treno

L’incontro in treno è quello che le ha aperto gli occhi. "Dopo il primo brutto infortunio mi ero rotta di nuovo il crociato alla quinta partita, lo stesso legamento, mentre giocavo a Conegliano. Ero disperata, mi chiedevo se sarei mai tornata come prima – ci ha raccontato –. Un giorno stavo andando a Roma per la seconda operazione. In treno un signore si accorge che sto leggendo un libro e inizia a parlarmi. Era un libraio di Conegliano, coincidenza. Mentre gli raccontavo la mia storia, vedevo che non mostrava compassione come gli altri. Lui non era dispiaciuto. Mi ha raccontato la sua storia. Era nato semiparalizzato e ci aveva messo 18 anni di fisioterapia per camminare. Ho pensato: io dopo un mese tornerò a fare una vita normale, e mi lamento? Stai zitta e mettiti lì con la testa".

Una vita in barca

La sua storia è cresciuta sulle onde del mare: "I miei genitori sono tedeschi, si erano già trasferiti all’Isola d’Elba, io sono nata in Germania solo per avere la famiglia vicina per il parto. Ma pochi mesi dopo ero già a Piombino...Mio padre faceva lo skipper, una volta partendo dalla Germania superò la Francia, in Spagna caricò mio nonno e poi arrivò fino all’Elba. Io in barca ci sono nata, fino ai 12 anni uscivo anche da sola, nella categoria Optimist, la mia barca si chiamava ’Streghetta del mare’. Ho scelto la pallavolo perché avevo fifa delle onde grosse. Avevo iniziato facendo ginnastica artistica, ma essendo molto alta l’insegnante non mi portava alle gare. Allora scelsi la pallavolo per divertirmi, la faceva già la mia migliore amica”.

Una tedesca azzurra

In un’Italia multietnica, una tedesca azzurra ci sta benissimo: "A 13 anni ho scelto che sarei stata italiana, sul piano sportivo. Mi sento tutte e due, il tedesco è la prima lingua che ho imparato. La mentalità è tedesca, il modo di vivere italiano al 100%”. E sente che casa sua in realtà è Novara: “Ci andai a vivere a 13 anni, quando avevo capito che il volley era la mia vita. I miei mi hanno sempre aiutato a crearmi una autonomia, andavo a scuola da sola anche se era lontana, oppure potevo dormire da un’amica anche per una settimana. Mi hanno dato fiducia”. Nella sua cameretta c’è un motto appeso al muro: Fai della tua vita un sogno e di un sogno una realtà. “Lo vidi in un negozio di articoli per bricolage e me lo comprai. È diventata la frase della mia vita”.

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