Sinner, come difendere il trono: "Deve giocare felice. Mai pensare al risultato"

Il mental coach di Tamberi: Jannik sa che quello che conta è la prestazione. "Ha i geni del campione, si allena sempre per migliorare e cura i particolari"

di PAOLO GRILLI -
4 giugno 2024

Roma, 5 giugno 2024 – Il re del tennis è anche quello della semplicità. Jannik Sinner, sul trono Atp, sembra dare una racchettata allo sfavillio che ora lo ammanta. E un po’ ci confonde: perché di normale, in questa vetta conquistata, non c’è nulla. Luciano Sabbatini è mental coach da 10 anni di Gianmarco Tamberi, dominatore mondiale del salto in alto. E segue anche altri atleti di grandissimo livello, tra cui calciatori. Mette a punto l’anima di chi, nello sport, ha la vocazione di prendersi la cima. Gli abbiamo chiesto come si arriva lassù e come si può restarci.

Jannik Sinner, numero 1 al mondo
Jannik Sinner, numero 1 al mondo

L’Italia gioisce per il nuovo numero uno. Da specialista in materia, che impressione le fa questo nostro nuovo eroe?

"Tralasciando la genetica e il talento, specifici di ogni sport, riconosco in Sinner i tratti mentali ideali di un atleta al top: non lo conosco di persona, ma è chiaro che il suo approccio è quello di migliorarsi continuamente, di aggiungere ogni giorno qualcosa al proprio bagaglio. Si vede anche che c’è un grande lavoro dello staff. È ricorrente in lui il tema della felicità, si allena essendo felice di farlo. E la prestazione conta più del risultato".

Non sembra un atteggiamento molto comune, oggi.

"Infatti. Qualche torneo fa diceva: se vinco mi alleno e sono contento, se perdo mi alleno per migliorarmi. Questo non fa vivere con l’ansia della competizione. Come Gianmarco, mi sembra che Jannik abbia sempre ’fame’, arrivando a una cura dei particolari estrema".

Ora, però, tutti vorranno scalzare il re.

"È importante perseguire la sostenibilità del successo. L’atleta deve trovare un equilibrio interiore, con la capacità di mettersi in gioco sempre. Lo sport è cambiamento ed è facile andare su e giù a livello di rendimento. Serve una stabilità interiore, perché il trionfo porta con sé l’inganno di far credere di essere eroi invincibili. Lo sport è anche un gioco ed è fondamentale non perdere mai questa dimensione. Se uno razionalizza troppo la propria attività, se si concentra molto su fattori esterni, finisce per subire maggiormente la pressione e anche la performance peggiora".

Tamberi ha avuto anche un bruttissimo infortunio e ha saputo rialzarsi fino ad arrivare all’oro olimpico.

"Quella è stata una fase molto delicata. Ma poi è emersa la sua natura di campione vero, uno che considera il processo di recupero come una sfida nella sfida. Per lui è stato importantissimo coltivare anche la passione del basket. A un atleta serve avere altri interessi che abbiano l’effetto di riequilibrare la dura attività quotidiana".

L’Italia sta vivendo ancora un’età dell’oro, in molti sport.

"Mi piace pensare che gli ori di Gianmarco e Jacobs a Tokyo abbiano avuto l’effetto di convincere molti altri atleti che nulla fosse impossibile. Se uno definisce invece un limite, finirà per non superarlo e quello sarà il suo massimo".

Sinner ha limiti?

"Dobbiamo ancora conoscerli. Di sicuro, il suo approccio ’ecologico’ alla prestazione sarà di ispirazione per molti, non solo nel tennis. Lui sa da dove viene e dove vuole andare".

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