Bucarelli: "Ajayi mi ha toccato il braccio, il fallo c'era"
Bucarelli racconta l'ultimo tiro decisivo e la vittoria di Pesaro. Fiducia e impegno chiave per il successo.
Bucarelli, lei è l’unico che può dirci cosa è successo su quell’ultimo tiro dei tempi regolamentari domenica scorsa: c’era fallo o no?
"Ajayi mi ha toccato il braccio, poi mi è franato addosso. Tanto che la palla è finita dietro il tabellone: posso sbagliare un tiro, ma non in maniera così grossolana. Comunque, mentre ero a terra ho visto l’arbitro che segnalava il fallo ed ero già consapevole che la partita non era finita lì".
E come si è sentito in lunetta, con il cuore di 4.000 tifosi fra le mani?
"L’attesa mi è sembrata infinita, poi quando mi hanno consegnato la palla ero molto tranquillo, specialmente sul primo libero. Il più difficile da battere, mentalmente, è stato il secondo perché ero in mezzo al guado, mentre il terzo ero convinto di segnarlo".
Come siete riusciti a ribaltare una partita che ad un certo punto pareva impossibile potesse cambiare padrone?
"Loro hanno tirato con percentuali irreali, noi siamo stati bravi a non scioglierci come era successo altre volte. Anche sul -15 e pure sul -19 non abbiamo mai forzato le situazioni, i nostri tiri avevano un senso perciò non ho mai avuto l’impressione che fossimo fuori partita. In una parola siamo rimasti fiduciosi di potercela fare".
Due vittorie di fila non le avevate mai fatte: significa qualcosa?
"Ti dice che non è stato per caso, che il lavoro che stai facendo sta portando dei frutti. I risultati di oggi sono figli dell’impegno di un mese e mezzo, perché non è che in un giorno si ribalta una squadra. Nonostante le sconfitte ci stavamo allenando bene, ma è chiaro che all’esterno, vedendo solo le partite, era difficile credere in una metamorfosi".
Cos’è cambiato di più la condizione fisica o quella mentale?
"Sono strettamente collegate ma parte tutto dalla testa, allora anche il fisico sta meglio. Non eravamo brocchi prima, non siamo fenomeni adesso, stiamo solo facendo quello che abbiamo sempre fatto nella nostra carriera, era normale che tornasse fuori".
Cosa potrà darvi il rientro di Danilo Petrovic?
"E’ un lungo che gioca con durezza, oltre che energico, può darci sprint. Ma quando rimetterà piede in campo non bisogna mettergli fretta".
Leka si è tolto un sassolino dalla scarpa dicendo che la vittoria con Cantù non è arrivata dal fatto di essere stati sottovalutati…
"Concordo, anche a me non piace il pensiero che se perdiamo è colpa nostra e se vinciamo è colpa degli altri. Se Cantù ha avuto dei demeriti in quella partita è stato anche per i nostri meriti, le due cose si bilanciano sempre nelle partite".
Sabato a Piacenza bisognerà fare attenzione, sono ancora vivi e hanno lanciato il messaggio battendo la Fortitudo, ricevuto?
"Abbiamo vissuto dei momenti brutti e non ci vogliamo tornare dentro, perciò non siamo nelle condizioni di considerare una passeggiata nessuna partita. Loro hanno battuto Bologna e vorranno fare la doppietta di prestigio battendo noi, siamo all’erta".
Aveva detto di aver scelto Pesaro per la passione che c’è sulla pallacanestro ma nelle situazioni critiche questa pressione è schiacciante, adesso che si vince ha sperimentato l’altra faccia?
"Che Pesaro fosse calorosa lo sapevo bene, ma domenica scorsa è stata una sensazione straordinaria vincere in quel modo a casa nostra, mi sono sentito davvero coinvolto e partecipe di una passione incredibile".
Elisabetta Ferri
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