LeBron James, l’età dell’oro per il Prescelto
Basket, dopo la gioia di giocare con il figlio Bronny, lunedì taglierà il traguardo da protagonista
Mentre l’America si chiede se sia o meno il più grande di sempre, LeBron James festeggia da giocatore il 30 dicembre un altro compleanno. E’ il numero 40, cifra che dice abbastanza, ma non spiega del tutto con che razza di fenomeno abbia a che fare il basket universale: le statistiche della sua stagione sono in linea con quelle delle venti precedenti, in qualche caso persino migliorate. Come se il tempo, per il Prescelto, non passasse. Purtroppo un rendimento così sembra non bastare ai Lakers per volare alto: il cammino stagionale dei californiani, che gallleggiano a metà gruppo, non è quello di un team che può lottare per il titolo, come vorrebbe il suo leader.
Primo e unico a superare i 40mila punti nella stagione regolare in Nba, nonché uno dei tre nelle classifiche dei cento migliori di sempre presenti in tutte le statistiche (assist, palle rubate e stoppate oltre a punti e rimbalzi), King James deve la sua longevità innanzitutto a una cura maniacale del fisico: per mantenersi in forma investirebbe un milione e mezzo di dollari all’anno, anche se lui, in una serie Netflix, ha smentito la cifra dicendo “mi vien da ridere quando sento quanto spendo per il mio corpo”. L’altra dote è un’inesauribile carica agonistica che fin qui gli ha permesso di conquistare quattro titoli (due a Miami, uno a Cleveland e uno a Los Angeles), altrettanti premi come Mvp del campionato e dei playoff, più tre ori olimpici. Bacheca extralusso, che lui intenderebbe persino ritoccare in un finale di carriera simile a quelli di altri primattori quarantenni, come Michael Jordan nella sua terza versione e prima ancora Jabbar: ovviamente, aggiungendo altri record a quelli già in suo possesso, come quello di giocatore più longevo in campo dopo aver appena ottenuto quello per il maggior numero di minuti giocati. E giusto l’altro ieri, con il successo su Golden State, ha ottenuto anche quello di atleta più vincente nelle partite giocate a Natale, per quanto possa contare…
Lebron dice quaranta, compleanno che di solito proietta verso il “c’era una volta”: in realtà, James c’è ancora, pronto a entrare dalla porta principale nel club di illustri atleti capaci di affrontare questa età da campioni e non da parodia di se stessi. Gli esempi non mancano, l’elenco è lungo e in continuo aggiornamento. Comprende la star del football americano Tom Brady, che a 43 anni ha vinto il suo settimo Superbowl, e il pilota Nigel Mansell, iridato in F1 alla soglia dei quaranta. Il pugile filippino Manny Pacquiao, detentore del titolo dei welter a quasi 41 anni, e il golfista Tiger Woods, vincitore del quinto Masters alla soglia dei 43. E ancora: il ciclista olandese Joop Zoetemelk, vincitore dell’Amstel a 40 anni dopo esser stato campione del mondo due anni prima, e la nuotatrice americana Dana Torres, argento a 41 anni nella sua quinta Olimpiade. Fino al portierone azzurro Dino Zoff che quarantenne alzò al cielo la coppa del mondo di calcio. Lista nella quale potrebbero stare degnamente anche il nuotatore americano Mark Spitz, che a 42 anni tentò senza successo di qualificarsi per i Giochi di Barcellona, e il leggendario calciatore britannico Stanley Matthews, vincitore a 42 anni del Pallone d’oro prima di trascorrere un altro decennio in campo.
Quarant’anni di LeBron, ricorrenza che cade in un momento curiosamente segnato dal fattore E, sotto tanti aspetti. E come erede, ovviamente: giocare col figlio Bronny, che adesso rimbalza fra la panchina dei Lakers e il team di sviluppo come capita a molti giovani scelti al draft con numeri bassi, non solo è stata una scelta sentimentale che ha reso felice un genitore, ma si è rivelata una formidabile operazione di marketing che fin qui ha permesso al club di incassare 50 milioni di dollari dalla vendita delle magliette. E come elezioni: schieratosi pubblicamente per Kamala Harris, dopo la vittoria di Trump il campione dei Lakers è stato travolto dalle critiche sui social, al punto da dare l’addio ai suoi profili al grido di “troppo odio e negatività”. Infine, E come età: da come viaggia, King James non ha certo l’aria di sentirla, anche se qualche acciacco comincia in maniera silenziosa ad affiorare, costringendolo a qualche inattesa fermata. È bastato per mormorare di un ritiro più vicino di quanto si immagini, ma l’America può mettersi il cuore in pace: discuta pure se LeBron stia pensando o meno alla pensione, tanto alla fine a scegliere il momento giusto per dire basta sarà soltanto lui.
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