Morse Esordio a Varese: 45 punti all’Aquila

Lo chiamano il ’tenentino’: coach Nikolic nel 1972 deve litigare per imporre Bob a una tifoseria innamorata di Raga, il messicano volante

di ALESSANDRO GALLO
28 ottobre 2024
Morse Esordio a Varese: 45 punti all’Aquila

Lo chiamano il ’tenentino’: coach Nikolic nel 1972 deve litigare per imporre Bob a una tifoseria innamorata di Raga, il messicano volante

I grandi di Bologna. Divenuti più grandi per la presenza di rivali forti, determinati, eccezionali. Tra i rivali più temuti, all’ombra delle Due Torri, negli anni Settanta, Bob Morse. C’è una sola parola per descrivere il personaggio: fenomenale. Serve per capire l’impatto che l’ex biondino di Pennsylvania ha avuto a Varese, nel campionato italiano e in Europa, avendo fatto parte di quel gruppo che fu capace di conquistare 10 finali consecutive di Coppa dei Campioni, dal 1970 al 1979.

Fenomenale Morse. Eppure non tutto comincia nel migliore dei modi per il ’tenentino’. Lo chiamano così perché con il portamento fiero sembra uscito dall’accademia militare di West Point. Se attira le simpatie di Aza Nikolic deve avere qualcosa di marziale. Dopo quattro anni all’università di Pennsylvania, il biologo Morse, siamo nel 1972, viene scelto al terzo giro Nba dai Buffalo Braves. In merito al mancato approdo nella Nba vengono accreditate due versioni: troppo lento per i parametri dei professionisti. Oppure l’idea che non gli piace giocare troppe partite e affrontare voli aerei. Troppa frenesia, poca possibilità di godere della compagnia di famiglia e amici. Un aspetto, il relax, importante per uno che, nel tempo libero, dopo qualche anno nel Varesotto, si mette davanti a un barbecue per cuocere salsicce per un raduno locale di alpini.

Il primo approccio con l’Italia non è dei migliori. Varese è innamorata di Manuel Raga, alto solo 188 centimetri. Ma Nikolic guarda lontano. Sa bene che il gap fisico può essere un fardello pesante da portare per un club come Varese che, oltre al campionato italiano, gioca in Coppa dei Campioni e deve fare i conti con i centimetri e i chili delle squadre dell’est: su tutte l’Armata Rossa.

Nikolic chiama Morse e, nel 1972, i posti per gli stranieri, nel nostro campionato, si riducono a una sola unità. Quell’unico posto sembra promesso a Raga, mentre per Bob si prospetta una sorta di utilizzo a gettone, come straniero di coppa.

Ma per capire il valore di Morse e di che pasta sia fatta il suo ’tenentino’, Nikolic ha in mano l’arma segreta. In palestra, al primo allenamento, chiede a Dino Meneghin di marcarlo senza pietà, utilizzando gomiti, braccia e gambe. Giocando sporco. Il fatto è che Morse non solo è una macchina da canestro, è anche un atleta elegante che sa trovare sempre la soluzione giusta. Dopo un paio di ore di ’trattamento Meneghin’ arriva la risposta che Nikolic aspetta.

Morse e Meneghin imboccano la strada per gli spogliatoio. Meneghin allarga le braccia, quasi sconsolato. Non servono grandi discorsi: se Meneghin allarga le braccia significa che la sua difesa e le sue malizie non hanno funzionato.

E allora via libera, in campionato, a Morse. Nikolic lo comunica alla piazza solo all’ultimo momento. E la piazza varesina non la manda giù. Varese esordisce in campionato ad Asti: Bob ne mette a segno 27. E’ il 1972: , il pubblico varesino lo aspetta al varco a Masnago. Dall’altra parte del campo c’è la Fortitudo Bologna e l’approccio di Bob non è dei migliori. Nel primo tempo sbaglia sei tiri in fila, alcuni dei quali facili. I tifosi di casa non ci mettono tanto a intonare il coro "Manuel-Manuel".

Quando rientra negli spogliatoi il volto di Bob è tutto fuorché il ritratto della felicità. Potrebbe essere la fine prematura di un amore mai nato. E invece nel secondo tempo, Bob infila 10 tiri consecutivi, firma 45 punti e il coro "Manuel-Manuel", lascia spazio a "Bob-Bob".

Morse conquista i nuovi tifosi e, Nikolic ha visto giusto ancora una volta. In tre stagioni, dal 1972 al 1975, Bob vince tutto: scudetti, Coppa dei Campioni, titoli di miglior marcatore. E, nell’estate del 1975 decide di tornare in patria con la moglie Jane (che le darà due figlie, Jennifer e Amanda). Il rientro negli States, per un americano anomalo è legata alla voglia di studiare di Bob. Dopo la laurea in biologia ha l’idea di proseguire il percorso accademico, diventando medico.

L’avventura varesina sembra al capolinea fino a quando… Fino a quando Varese capisce che non può rinunciare al numero 9: torna alla carica e lo convince a rientrare. Proponendogli un contratto principesco e lungo, ma anche il sostegno per continuare gli studi in Italia. Il piano riesce così bene da avere un rendimento simile tra sport e studio. Se in campionato e in coppa, spesso e volentieri, Bob supera quota 30 (punti). Sui banchi dell’università – è iscritto a veterinaria – si dimostra altrettanto abile come nelle uscite dai blocchi: 28 (trentesimi) la media.

Gli unici avversari, in quegli anni, che lo mettono in difficoltà, sono Tom McMillen, Renzo Bariviera e Jim McMillian.

Lui, nel frattempo, continua a segnare una valanga di punti confermandosi cannoniere principe del campionato nel 1973, 1974, 1975, 1979 e 1980. Nel 1981 lascia Varese per Antibes. Tre anni dopo, però, il richiamo dell’Italia è troppo forte. E per uno che è stato capace di segnare anche 62 punti in un singolo incontro – e il tiro da tre non c’è –, l’obiettivo è superare quota diecimila punti (si ferma, in serie A, restando per anni il migliore, a 9.785). Dopo i quattro scudetti, le tre Coppe dei Campioni e una Coppa delle Coppe, una Coppa Italia e una Coppa Intercontinentale sempre con la maglia di Varese, Bob accetta l’offerta delle Riunite di Reggio Emilia. Altre due stagioni da protagonista, poi il ritiro.

(52. continua)

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