Pippo Ricci: capitano dell'Olimpia Milano e promotore di istruzione in Tanzania
Pippo Ricci, capitano dell'Olimpia Milano, riflette sulla sua carriera e il suo impegno per l'istruzione in Tanzania.

Giampaolo Ricci è co-capitano dell’Olimpia Milano assieme a Shavon Shields
Capitano dell’Olimpia, uomo solidale, laureato in matematica. Comunque si provi a descrivere Pippo Ricci viene fuori un profilo di spessore. Sul campo, peraltro, è l’unico giocatore che ha vinto gli ultimi 4 campionati di A, visto che prima di Milano giocò a Bologna. Proprio oggi alle 18.15 ci sarà al Forum la sfida tra Armani e Segafredo. L’EA7 arriva carica dal doppio successo interno in Eurolega, la Virtus con la buriana dopo il cambio di coach.
2014: in B1 a 23 anni vince il premio per il giocatore più migliorato, 10 anni dopo è il capitano della squadra più titolata, ed ha giocato Olimpiadi e Mondiali. Se si guarda indietro cosa dice? "Wow! Siamo talmente impegnati sul campo che spesso non abbiamo neanche il tempo di pensarci, ma è importante sapere da dove si arriva. Mi sembra di aver vissuto diverse vite, i sacrifici fatti, a costo di partire dalla B1 senza la sicurezza di riuscire a far del basket il mio lavoro. Alla fine ho avuto ragione. Alcune volte vorresti sempre di più, ma è giusto anche riflettere e dire che è una strada bellissima".
Come interpreta il ruolo del capitano? "Per mia indole ho sempre fatto le piccole cose. Cercare di essere un modello positivo, per mettere un mattoncino nella costruzione della casa comune. Con il ruolo del capitano ancora di più, non si può avere una giornata storta, ma il fatto che la squadra ti riconosce questo ruolo ti dà tanto. È bello sapere che i compagni cercano una mia parola".
Cosa vi ha fatto svoltare rispetto al periodo di difficoltà? "Avevamo poca costanza, il momento negativo ci travolgeva. Abbiamo fatto tutto noi, siamo partiti fortissimo in pre-stagione, vincendo anche la Supercoppa, poi appena sono arrivate un paio di sconfitte si è perso fiducia. Quando abbiamo capito che le vittorie arrivano con la voglia di aiutarsi e di condividere siamo cresciuti, abbiamo deciso che volevamo diventare qualcosa di più. Ogni giorno costruiamo la nostra identità".
Con l’Eurolega, a 30 anni, ha dovuto imparare a fare il 3 per stare in campo. Da dove si parte? "So adattarmi alle situazioni capendo di cosa la squadra ha bisogno. Sono arrivato a Milano con tante certezze e ho capito che potevo fare ancora di più. Ad esempio, per far giocare insieme Mirotic e LeDay che in attacco sono un’arma micidiale, c’è bisogno che io li protegga. Mi piace, lo faccio per la squadra, sono contento quando riesco a dare equilibrio. Da 3, da 5 o da portatore di borracce".
Domani ci sarà la festa di Natale della tua associazione Amani Education. Sul sito campeggia: “Aiutare un bambino a studiare significa toglierlo dal buio“. "Il legame con l’Africa c’è grazie ai miei genitori, ci sono andato spesso da piccolo. Tante volte noi diamo per scontato che l’acqua e la scuola ci siano per tutti, ma non è così. Volevo fare qualcosa in più, piccoli aiuti con un bonifico non erano sufficienti, volevo lasciare un segno tangibile".
Dunque la costruzione di una scuola in Tanzania. "Poter incidere anche solo nella vita di una sola persona ti dà la forza di continuare, è un orgoglio pensare che adesso nella scuola aperta a gennaio ci sono 30 ragazzi e 6 insegnanti che realizzano un sogno grazie a te. La stiamo concludendo, abbiamo già 58 nuove iscrizioni per il 2025. Ci mancano solo i dormitori, l’obiettivo della nostra raccolta fondi che si terrà domani a Milano dalle 19 al Talent Garden Calabiana sarà quello di completarli. Solo attraverso l’educazione l’Africa potrà crescere".
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