Antonelli Tanti punti, scudetto e solidarietà

Così letale al tiro che Lucio Dalla lo ribattezza ’La Morte’. Adesso vive a Castel Volturno e porta avanti un progetto di inclusione

di ALESSANDRO GALLO -
30 settembre 2024
Antonelli Tanti punti, scudetto e solidarietà

Così letale al tiro che Lucio Dalla lo ribattezza ’La Morte’. Adesso vive a Castel Volturno e porta avanti un progetto di inclusione

Lucio Dalla, uno che amava la pallacanestro, l’aveva ribattezzato ‘La Morte’. Lui, una laurea di architettura in tasca e un presente da visionario dei canestri – il suo progetto che si chiama Tam Tam Basket ha fatto il giro d’Italia, conquistando tutti – ha vinto, e pure da protagonista, lo scudetto del 1976.

Lui è Massimo Antonelli, nato a Roma il 16 giugno 1953. Guardia dal tiro micidiale, che Dan Peterson voleva utilizzare come regista, per avere un playmaker che sfiorasse i due metri, e pure un sindacalista ante-litteram, con un lungo braccio di ferro con l’Avvocato Porelli, nell’estate del 1977, che ha fatto storia.

E sono tante le storie che riguardano Antonelli, a cominciare dal soprannome che gli aveva dato il grande Lucio Dalla. "All’inizio il nomignolo – ha spiegato più volte Massimo – mi spaventava un po’. Poi la spiegazione mi ha tranquillizzato: sosteneva che quando il pallone scottava io riuscivo a essere gelido e glaciale. E per chiamare un mio tiro, nel silenzio del palasport, urlava: passa alla Morte, passa alla Morte".

E che fosse gelido e fondamentale lo dimostra nel derby del 1976: poule scudetto, per vincere il campionato, vent’anni dopo i fasti della Sala Borsa e dei Canna, Calebotta e Alesini, proprio la sfida con la Fortitudo diventa uno degli ostacoli peggiori. E’ il 14 marzo 1976: si gioca in casa Alco, Leonard è una furia (31 punti alla fine), lo scudetto sembra lontano perché la Virtus appare distratta, molle. Tra i più svagati, proprio Antonelli. Poi, l’imponderabile. O meglio Dan Peterson che chiama un minuto di sospensione e capisce che, in quell’occasione, per smuovere le acque, deve farsi da parte. Tacere e osservare.

A farsi sentire sono i giocatori, meglio, un giocatore, Mario Martini. Martini strattona Antonelli, alza i toni della voce, lo apostrofa in modo poco urbano perché vuole scuotere il compagno. Lo stratagemma funziona: al ritorno in campo, non c’è il tiro da tre, Antonelli segna 9 canestri su altrettanti tentativi. Chiude con 26 punti e trascina la Virtus al supplementare, poi vinto, 81-84. Lo scudetto è dietro l’angolo.

Ma come arriva, Massimo Antonelli, in Virtus? Lo individua Nello Paratore che lo pesca nelle giovanili della Birra Moretti Chieti. Massimo fa due provini per i bianconeri: Paratore non ha dubbi e sceglie lui. Dalle giovanili bianconere ai prestiti, prima a Pescara poi a Vigevano, dove perde una finale promozione, per salire in serie A, contro Rieti, allenata in quel periodo da Dado Lombardi.

Poi, grazie a Peterson, finalmente la Virtus. Tante responsabilità e, ripensando alle parole profetiche di Lucio Dalla, quel tiro mortifero che miete tante vittime.

Vince lo scudetto da protagonista poi, nel 1977/78, con l’arrivo del secondo straniero, si gioca il posto in quintetto con John Roche. In allenamento sono uno contro l’altro: John ha sangue irlandese e non ama sentirsi le mani addosso. Per cui, spesso e volentieri, il parquet si trasforma in un ring, al punto tale che Massimo decide di prendere lezioni dal pugile Dante Canè per capire come schivare, nel migliore dei modi, ganci e fendenti. In campo, oltre a John in allenamento, teme solo Brumatti e Yelverton, ma se questi lo fanno impazzire, quando lui è in difesa, si prende la rivincita, con gli interessi, in attacco.

Così bravo, in attacco, che Dan Peterson non ha dubbi: se c’è qualcuno che si deve prendere il tiro allo scadere quello è Massimo Antonelli. Tiratore letale, ma non solo, si diceva, anche sindacalista alle prime armi. Negli anni Settanta la figura del procuratore non è ancora contemplata, se non per gli stranieri. Il cartellino è di proprietà dei club: così, la contrattazione per i compensi, non è facile.

E se non è facile negli altri club, figuriamoci a Bologna, dove l’Avvocato Porelli non regala nulla. Nell’estate del 1977 Massimo decide che è l’ora di guadagnare di più. E di più chiede all’Avvocato Porelli, che è irremovibile. Il risultato? Per tutta quell’estate Massimo resta fermo, con l’incubo magari di saltare la stagione. L’accordo tra le parti viene trovato all’ultimo momento, proprio alla vigilia del campionato e Antonelli comincia la stagione senza nemmeno aver fatto un allenamento con i compagni anche se, per fortuna, li conosce bene.

Massimo rientra nei ranghi e resta convinto di aver aperto una strada, anche per i compagni, per le trattative con l’Avvocato.

Ha superato i 71 (anni), Massimo e, dal 2016, a Castel Volturno (Caserta), ha fondato un’associazione sportiva dilettanti, Tam Tam Basketball, che non ha fini di lucro. Lo scopo dell’associazione è generare un impatto positivo sulla vita dei ragazzi e delle ragazze, nati in Italia da genitori provenienti per lo più dalla Nigeria, con una particolare attenzione all’inclusione sociale attraverso lo sport.

(50. continua)

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