Il pallone di Achille: Polonara prende la mira: “Voglio questo scudetto. Virtus, possiamo farcela”
L’ala bianconera: "Il titolo non è un’ossessione, ma è l’unico trofeo che mi manca. In Coppa Italia abbiamo giocato male noi, le differenze con Milano sono poche. Non ho dimenticato la malattia: ho avuto paura di morire e smettere di giocare"

L’ala bianconera Achille Polonara: "Il titolo non è un’ossessione, ma è l’unico trofeo che mi manca"
Il ko con Milano, lo scudetto, Dusko Ivanovic, la Nazionale e la malattia alle spalle. Achille Polonara risponde alle domande come quando è in campo: non si risparmia. Magari non sempre si potrà essere d’accordo con lui, ma il suo approccio e il suo modo di vedere la pallacanestro risultano contagiosi.
Achille, intanto come sta?
"Bene. Mi sento bene".
Ma la Nazionale si ritrova e lei resta alla palestra Porelli.
"Prima o poi doveva accadere".
Deluso?
"No, il Poz è stato molto franco. Mi ha chiamato e mi ha spiegato qual era il principio. Siamo già qualificati e ha detto di voler vedere all’opera qualche altro ragazzo. Prima o poi ci sarà il cambio generazionale".
Poz diretto e schietto e lei?
"Con il ct c’è sempre stato un buon rapporto, non posso che ribadire di aver apprezzato il modo. Mi ha chiamato, spiegato. Di più cosa poteva fare?".
A proposito del di più, alla Virtus…
"Resta solo lo scudetto, lo so".
Un trofeo che in Italia le è sempre sfuggito.
"Quando arrivi in fondo, alla fine, hai il 50 per cento di possibilità di farcela".
Lei…
"Ho perso diverse volte. Credo che tra noi e Milano, visto che le ultime finali sono state queste, il gap non sia così elevato. Uno scudetto viene deciso dai dettagli. Conto sia l’anno buono".
Dice Milano e il pensiero torna alla Coppa Italia e a Torino.
"Non è stata la nostra partita migliore. Milano è partita subita con aggressività. Non ci siamo più rialzati".
Visti da fuori avete alzato bandiera bianca troppo presto.
"Ci siamo sfaldati, a quel punto era difficile recuperare. Continuo a pensare che ci saranno tante partite con Milano. Dobbiamo studiarli. Per capire meglio i loro punti deboli e i nostri punti di forza. E in ogni caso...".
Dica.
"Sappiamo di dover reagire come squadra. Non provando a risolvere una partita individualmente".
Vi siete parlati?
"Non ce n’è stato bisogno. Bastava guardarsi negli occhi. Siamo una squadra matura: sappiamo quali sono stati gli errori. Sappiamo come cambiare. Più che le parole servono gli sguardi. Di intesa".
Milano dimenticata?
"Abbiamo perso più per demeriti nostri. Sappiamo che l’approccio dovrà essere diverso".
Alla ripresa ci sarà subito l’Eurolega.
"Le speranze sono ridotte al minimo, o forse inesistenti".
Resa?
"Nemmeno per sogno. Cercheremo di vincere. Per rispetto della maglia, dei tifosi e di noi stessi. Nessuno ci sta a perdere".
Un anno fa, in Eurolega, girava in maniera diversa.
"E’ cambiata la squadra, è cambiato qualche finale. Poi ci sono stati gli infortuni. Senza dimenticare che all’inizio, eravamo senza Cacok e Grazulis, ovvero almeno un centro. E adesso siamo andati avanti senza Clyburn e Zizic. Due del quintetto".
Ripensa mai al suo stop di un anno fa?
"Sì, ogni tanto sì. Mi ritengo fortunato. Ne sono uscito. Ho scoperto tanti amici".
Ha avuto paura?
"La verità?".
Sì.
"Il primo pensiero è stata la paura di morire. Fino al giorno prima stavo bene, poi scopro un problema oncologico. E mi spavento. Quando mi spiegano che posso guarire nasce un’altra paura".
Quale?
"Sono un atleta, amo il basket. Ho pensato che la mia carriera potesse essere finita".
E invece è qua.
"Lo devo alla mia famiglia, che non mi ha mai lasciato solo. Alla società che mi è stata vicina. E a tante persone che ho scoperto amiche. Quando si è diffusa la notizia del tumore, ho trovato chiamate e incoraggiamenti di persone che nemmeno pensavo".
Vorrebbe diventare testimonial per combattere il problema?
"Non lo so. Ho partecipato a qualche dibattito e convegno. Ho raccontato me stesso. Quello che ho provato. Come ne sono uscito. Non è stato un peso: se le mie parole possono essere d’aiuto, sono a disposizione".
Il tiro da tre?
"Va e viene. Chiaro che non sono né mi sento Belinelli. Anche se il tiro non entra, però, posso dare una mano in tanti modi".
Dusko Ivanovic?
"Grande esperienza. Lo conoscevo dai tempi del Baskonia. Mi sono trovato bene allora. Mi sto trovando bene adesso. Mi sembra che la squadra stia anche giocando meglio".
Gira e rigira, torniamo allo scudetto.
"E io lì voglio arrivare. Il tricolore finora mi è sfuggito, ma voglio prenderlo, prima o poi. Farlo con questa maglia addosso sarebbe ancora più bello".
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