Sanguettoli e l’elisir di capitan Belinelli: "Gioca bene perché si diverte. E lavora duro"

Il maestro del capitano della V nera: "Trasmette carica, passione, voglia. Così trascina il gruppo e coinvolge tutti i compagni" .

di ALESSANDRO GALLO -
27 marzo 2024
Sanguettoli e l’elisir di capitan Belinelli: "Gioca bene perché si diverte. E lavora duro"

Sanguettoli e l’elisir di capitan Belinelli: "Gioca bene perché si diverte. E lavora duro"

"Marco continua a far canestro, anche a 38 anni, perché è buono". Musica e parole di Marco Sanguettoli, detto Murphy, che di Belinelli è stato il primo maestro.

Sanguettoli, qual è il segreto del suo pupillo?

"Come dicevo, prima di tutto è sempre stato un atleta dotato. Poi, lo si vede, in campo si diverte. Prova piacere nel giocare. E gli anni e gli allenamenti non gli pesano. E poi...".

Poi?

"Non ha avuto infortuni pesanti. E, nel tempo, ha affinato la cultura del lavoro e della salvaguardia del suo fisico. Ha 38 anni, ma conserva una forma invidiabile. E, del resto, se non fosse così, non potrebbe reggere certi ritmi. Marco non solo li regge, ma fa ancora la differenza".

Lo allena ancora lei?

"No, da quando è tornato a Bologna no. Ma ci sentiamo sempre. Qualche volta andiamo a cena. E parliamo di basket".

Belinelli decisivo a Brescia, per consentire alla Virtus di ritrovare il primato.

"E questo mi fa piacere doppiamente. Marco e la Virtus hanno avuto qualche difficoltà – normale in una stagione così lunga e stressante –, ma hanno avuto il merito di non mollare mai".

Belinelli ha 38 anni: quanto potrebbe andare avanti?

"Almeno altri due anni. Dipenderà molto dalla voglia. Adesso, la si vede, la si tocca questa carica che si porta dietro".

Il tiro, lei cosa ci ha messo?

"Io non ci ho messo nulla. Il gesto tecnico è qualcosa con cui lui è cresciuto. E’ un tiratore naturale. Poi, nel tempo, si è perfezionato, velocizzato. Trova un grande equilibrio anche nel salto. Tutte caratteristiche che gli permettono di eccellere".

Tiratore naturale, ma non egoista. In squadra, nella Virtus, ci sta proprio bene.

"Siamo portati a guardare le finalizzazioni di Marco. Ovvero quando prende palla, tira e fa canestro. Ma lo spettacolo vero, per me, è un altro".

Quale?

"La sua capacità di giocare senza palla. Di correre per il campo, alla ricerca della soluzione migliore. E infatti è cresciuto e migliorato anche in questo particolare. Gli negano l’uscita dai blocchi per il tiro da tre? Nessun problema, cerca fortuna – e ci riesce sempre – sotto canestro, facendosi trovare libero. Bravi i compagni. E pure...".

Dica.

"Fino all’anno scorso c’era Milos Teodosic, che vedeva e vede tuttora linee di passaggio sconosciute ai più. Con Milos poteva essere più facile. Ma devo dire che si vede anche oggi. Pajola è andato a scuola per anni da Teodosic. E andando a lezione dal Maestro si è perfezionato pure lui. E trova Belinelli, smarcato, con grande facilità".

Non un mangia palloni.

"E aggiungerei di più, un giocatore totale. Per anni, quando era nella Nba, si è parlato di un Belinelli specialista. Chiaro che negli States, dove ha vinto un anello – l’unico italiano – gli chiedevano certe cose. Ha sempre fatto canestro, ma ha una sensibilità e un’intelligenza tale che gli permettono di giocare con i compagni. Di coinvolgere i lunghi. Fateci caso...".

Far caso a cosa?

"Quando fanno ascoltare le parole dei tecnici avversari della Virtus durante i timeout. Sono tutti preoccupati dalla sua abilità di uscire dai blocchi. Ma anche dalla facilità con cui gioca con i lunghi".

Lei lo aveva capito prima di tutti.

"Ho avuto la fortuna di allenarlo. E adesso, gli faccio gli auguri di buon compleanno. Anche se quest’anno, Marco mi perdonerà, arrivo un po’ lungo".

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