Il Bologna fa tre passi nella finale. Orsolini dà spettacolo per il ct. Non si ferma il miracolo Italiano
Coppa Italia, la pratica Empoli già risolta nell’andata della semifinale con la doppietta di Dallinga. Spalletti in tribuna, D’Aversa risparmia molti titolari per concentrarsi sulla corsa salvezza.

Thijs Dallinga e alle sue spalle Riccardo Orsolini, autori dei tre gol del Bologna
dall’inviatoGianmarco Marchini
Tre spazzolate a togliere la polvere sopra un sogno. Il tre a zero del Castellani spalanca al Bologna le porte di una finale di Coppa Italia chiuse da cinquantuno lunghi anni. Tutte le vie della logica portano a Roma. Sentenza senza appello, un’andata senza ritorno, perché il 24 aprile al Dall’Ara il rischio è di una passerella. Troppo forti i rossoblù di Vincenzo Italiano, una squadra in evidente stato di grazia, e troppo debole l’approccio di un Empoli con la testa forse già a un’altra ‘finale’, quella salvezza di domenica in casa contro il Cagliari.
Le scelte iniziali tradiscono le diverse priorità: Italiano schiera l’abito delle grandi occasioni, dalla testa ai piedi, con Skorupski, la coppia Lucumi-Beukema, Ferguson, Freuler e Orsolini tutti titolari. Il monday night con il Napoli di Conte è un pensiero lontano. D’Aversa, invece, tiene fuori Esposito e tanti big per un manipolo di riserve che si sgretola sulle verticali di Ndoye e compagni. Già dopo quarantasette secondi Dallinga consuma la prima chance e, nemmeno un minuto dopo, Orso ne dilapida un’altra: doppio passo e destro fuori di un niente, sotto gli occhi di Spalletti. Il ct è arrivato dalla sua Montaione, mezz’ora scarsa di auto, per vedere da vicino un po’ di azzurrabili. Il ’toc toc’ di Orso alle telecamere, però, è solo rimandato, e nemmeno di molto: al 23’, su cross di Dallinga, il suo piattone sinistro va a segno. Tredicesimo gol stagionale, un altro segnale alla Nazionale. Esplodono gli oltre cinquemila tifosi rossoblù che tra curva e tribuna hanno vestito il Castellani da Dall’Ara. Fin troppo facile sembra il gol di Orsolini, ma è un inganno figlio della colossale superiorità tecnico-tattica in campo. Il Bologna di Italiano è una filiera perfetta dove la palla viaggia dalla difesa all’attacco senza interruzioni. Un copione talmente consolidato che persino Dallinga l’ha imparato. L’olandesino, chiamato ancora una volta a sostituire l’insostituibile Castro, raddoppia con un gioiellino: filtrante di Ndoye, stop a seguire di destro e sempre di destro esterno a togliere il tempo al povero Seghetti. Al 29’ potrebbero già scorrere i titoli di coda. L’Empoli guadagna quasi in ginocchio gli spogliatoi e, al ritorno, capitolo: sei minuti, altra verticale di Odgaard, altra palla in mezzo di Ndoye e Dallinga appoggia a porta vuota.
E mentre i tifosi cominciano a scorrere gli hotel per il 14 maggio sul telefonino, il Bologna va più volte vicino al 4-0: un bel tiro di Miranda, un colpo di testa di Dallinga parato sulla riga e un palo di Cambiaghi. L’Empoli è soltanto in un tiro in spaccata di Gyasi che fa tremare Skorupski. Fine dei giochi. La curva esalta Vincenzo Italiano, l’uomo che ha replicato l’impossibile. Un anno fa il Bologna inseguiva una Champions che mancava da sessant’anni: adesso rivede una finale di Coppa Italia dimenticata in qualche vecchio cassetto.
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