Italiano Cerca il suo Bologna in fondo al lago
Il finale di Como dà speranza al tecnico in ottica Champions: ma mercoledì con lo Shakhtar serviranno idee e attenzione in difesa
Sessant’anni per tornare a giocare in Champions e tre giorni, da qui allo Shakhtar, per non dover scoprire che il sogno di maggio si è tramutato in incubo. La verità nuda e cruda, al di là dell’apprezzabile reazione finale che ha evitato il tracollo, è che il viaggio di campionato a Como per settanta minuti sabato ha avuto i contorni dell’incubo. E se non è un incubo è qualcosa che ci va molto vicino l’avvio di campionato del Bologna di Vincenzo Italiano.
Se ci fermiamo ai numeri dobbiamo registrare che mai una squadra di Italiano ha raccolto così pochi punti, 3, dopo le prime 4 giornate di campionato. Il suo Trapani, in serie C, vinse tutte e quattro le partite. In entrambe le stagioni alla guida dello Spezia, prima in B e poi in A, i punti raccolti dal tecnico siciliano furono 4. Alla Fiorentina, invece, si va dai 9 punti del primo anno ai 5 del secondo, per finire con i 7 messi in carniere un anno fa. Qui siamo fermi a 3 punti in quattro partite, per giunta avendo affrontato tre avversari, Udinese, Empoli e Como, che a luglio, quando uscirono i calendari, a tutti parvero di piccolo cabotaggio e dunque, sulla famosa e spesso menzognera carta, più che abbordabili.
Italiano, nel dopo gara del Sinigaglia, si è sforzato di aggrapparsi al bicchiere mezzo pieno, ben sapendo che il carattere mostrato nel finale di partita è un alleato prezioso e che certe stagioni apparentemente storte a volte ‘girano’ in conseguenza di un risultato fortuito.
Ma a tre giorni dall’agognato debutto in Champions League un osservatore imparziale fotograferebbe questo quadro: 1) la fase difensiva, alta o bassa che sia, è un guazzabuglio che quando l’avversario recupera palla manda in tilt tutti gli interpreti del reparto; 2) la fase offensiva vive di giocate individuali, non certo di quella coralità di manovra che dopo due mesi abbondanti di lavoro sarebbe auspicabile; 3) i reduci dagli impegni estivi con le nazionali, vedi Posch, Freuler e Aebischer, hanno le gomme sgonfie; 4) altri pilastri del gruppo come Beukema e Orsolini, non gravati dalle chiamate in nazionale, sono l’ombra di se stessi.
Questo è molto più di un campanello d’allarme alla vigilia di un’avventura in Champions che a maggio, quando i bolognesi festeggiarono il traguardo in piazza Maggiore, si sperava di affrontare con tutt’altro piglio e anche, va detto, con tutt’altro mercato. Italiano non è Motta ma un Calafiori, uno Zirkzee o un Saelemaekers non li ha più. Deve provare a forgiarne di nuovi, sperando che l’abulia di taluni (vedi Dallinga) si tramuti in talento e che l’ottimo pronti via di altri (vedi Iling-Junior) trovi immediate conferme.
Nell’attesa larghi tratti di Como-Bologna hanno ingenerato una domanda scomoda, leggibile sia nelle facce dei rossoblù in campo che in quelle dei loro dirigenti in tribuna: questo è un gruppo che sta rigettando l’idea di calcio del suo allenatore? Lo Shakhtar offrirà le prime risposte, insieme alla musichetta della Champions. Chissà che non sia un inno alla gioia e non un De Profundis.
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