Quarant’anni di viaggi fino al tempio di Anfield
Il viaggio emozionante del Bologna dai campi periferici a Anfield, tra promozioni e delusioni, raccontato con passione e nostalgia. Un percorso che porta alla consacrazione nella magia del calcio, con un tifoso speciale che veglia sulle gesta della squadra.
Dal Dossenina ad Anfield è un viaggio della passione lungo più di quarant’anni, tra la polvere di campi usciti in fretta dalla geografia del calcio e la magia di un tempio del pallone che nemmeno la fantasia dorata del tifoso rossoblù più ottimista fino a qualche mese fa avrebbe potuto anche solo immaginare.
"Noi che c’eravamo col Fanfulla e con la Rondinella, ma anche a Leffe e Palazzolo", è il mantra del tifoso rossoblù fedele nei secoli, bandiera di un senso di appartenenza che va oltre il fascino di un Meazza o di un Olimpico e che troverà la sua consacrazione questa notte nella cornice di Anfield. Stadio Dossenina di Lodi, casa del Fanfulla.
Il 18 settembre 1983 il Bologna retrocesso in C1 per la prima volta nella sua gloriosa storia inaugura il viaggio in terza serie vincendo al debutto per 3-2: segnano Facchini, Fabbri su punizione e Frutti su rigore. Dopo il Fanfulla a ottobre tocca far visita alla Rondinella, la squadra di un quartiere di Firenze, e si torna a casa con un cocente 0-1. A maggio, però, fine dei patimenti sui campi di periferia grazie alla promozione in B firmata da Cadè.
Nel girone infernale della C si torna a patire dieci anni dopo, agli albori dell’era Gazzoni, anno di sofferenze 1993-94. A Leffe c’è uno stadiolo grazioso, un parroco che all’ora di pranzo entra al ristorante e con l’aspersorio benedice casoncelli e polenta taragna e un Bologna, quello di Zaccheroni, che nel suo primo viaggio nella Bergamasca affonda inesorabilmente (0-2) guadagnandosi la feroce contestazione della curva, che a fine partita inveisce e fa volare qualche pietra in direzione del pullman. Quell’anno c’è anche Palazzolo, nel Bresciano, dove in piazza si incontrano più banche che passanti: allo stadio (parola grossa) per fortuna decide un gol di Ivano Bonetti.
A Mantova decide invece un gol di Marco Negri: i padroni di casa assediano la porta rossoblù, Negri in contropiede firma la beffa. Sassi di frustrazione contro i bolognesi a fine gara nel parcheggio del ‘Martelli’. Ma il calcio che a volte toglie e spesso restituisce con gli interessi cinque anni dopo propone un viaggio da sogno a Marsiglia, dove contro l’Olympique il Bologna di Mazzone si gioca la semifinale d’andata di Coppa Uefa.
E’ il 6 aprile 1999 e volani sassi anche lì, marsigliesi contro bolognesi, dopo lo 0-0 sul campo. Non ci sono solo sassi e polvere, ovviamente, ma anche i viaggi di gloria della serie A ritrovata. Chiedere a Michele Paramatti, giustiziere seriale dell’Inter al Meazza nei Bologna di Ulivieri e Guidolin. Per tornare a vincere sul campo della Juve toccherà invece attendere il 2011 e la doppietta di Marco Di Vaio, un 2-0 scolpito nella ‘hall of fame’ di Casteldebole. Come dimenticare, in quell’anno di stipendi non pagati e salvifiche cordate, un altro 2-0 da viaggio, a dicembre, a Cesena, dove fuori dal Manuzzi cinquecento tifosi rossoblù a cui era stata vietata la trasferta cantano, ballano e festeggiano senza poter assistere alla partita.
Il tonfo in B dell’ultimo Guaraldi porta in dote a Saputo un altro anno di purgatorio e di trasferte inedite. In B, nel 2014-15, il viaggio al Cabassi è la cornice del fragoroso ko (0-3) col Carpi. E poi Lanciano, Virtus Entella (che gioca a Chiavari), Latina, Pro Vercelli. E al Silvio Piola almeno s’incontra una polvere di gloria giacché la Pro Vercelli ha in bacheca lo stesso numero di scudetti, 7, del Bologna.
Nulla in confronto ai 19 titoli d’Inghilterra e alle 6 Champions League che può sfoggiare il Liverpool e al fascino di uno stadio, Anfield, su cui si poseranno anche gli occhi di un tifoso speciale, Ivan Dall’Olio, oggi uomo, ma allora solo bambino quando alla passione da viaggio per i colori rossoblù, nel Fiorentina-Bologna del 5 novembre 1989, pagò un tributo crudele. Stanotte giochiamola anche per Ivan.
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