Superato l’esame Thiago. Strategia e psicologia: è il Bologna di Italiano
Il tecnico ha messo sotto il suo predecessore togliendogli l’iniziativa. E sta cominciando a ottenere risultati migliori anche a livello individuale. .
Datemi un centravanti e vi solleverò il mondo. A Vincenzo Italiano hanno dato Castro, che qui lo scorso anno era il centravanti di scorta. Il presunto titolare del nuovo corso, Dallinga, anche a Torino si è invece perso nelle nebbie di un ingresso in campo impalpabile. Forse, nel finale convulso in cui la Juve ha riacciuffato la partita con nervi e cuore, con un centravanti vero in grado di tenere alta la squadra, come fin lì aveva fatto Castro, Italiano avrebbe potuto finalmente festeggiare una gioia piena allo Stadium. E con lui tutto il Bologna. Anche così però Vincenzino nostro ha di che essere fiero del suo lavoro.
Con un solo centravanti vero a disposizione e una batteria di rinforzi dell’ultima estate in cui si alternano luci e ombre (bilancio dello Stadium: da una parte il gol di Pobega, l’assist di Holm e il coraggio di Dominguez, dall’altra l’erroraccio fatale di Miranda e l’inconsistenza di Dallinga e Iling-Junior) in quattro mesi il tecnico di Ribera è riuscito a dare un verso al suo Bologna, creando un’identità di squadra che passa dallo spogliatoio al campo senza soluzione di continuità, abbinando prestazioni e risultati e forse, dopo la notte allo Stadium, facendo perfino ricredere il folto partito di quelli che "non rivedremo mai più il calcio di Motta".
Da un certo punto di vista l’assunto è vero: il calcio che Thiago ha fatto vedere per due stagioni a Casteldebole (quello che peraltro oggi il mondo Juve non vede nemmeno col binocolo al punto da rinvigorire la nostalgia per Allegri: sic transit gloria Motta) resta un ‘unicum’ impossibile da clonare. Ma poi c’è Italiano, che ha portato pure lui la sua idea di calcio. Se sia da Europa lo scopriremo a maggio: sabato abbiamo scoperto che può irretire perfino Thiago.
Come c’è arrivato l’uomo che domani soffierà sulle 47 candeline? Con una fiducia incrollabile nelle proprie idee miscelata a un sano pragmatismo, unite a una gestione psicologica del gruppo che contempla anche il ricorso alle maniere ruvide ma che ha il pregio di non lascia mai indietro nessuno. E poi c’è il fattore buonsenso, decisivo in un Italiano che è stato calciatore e che i gradini della carriera da allenatore li ha saliti tutti partendo dal sottoscala.
Toccava essere armati di buonsenso quando, dopo Como, Italiano ha ‘ascoltato’ la squadra modificando leggermente posture tattiche e linee di gioco che il gruppo al pronti via fatica a digerire. E toccava essere ferocemente determinati per continuare a insistere sull’aggressione alta e gli uno contro uno, armi letali nell’ora di gioco in cui allo Stadium il Bologna ha annichilito la Juve e insieme talloni d’Achille in occasione dei due gol bianconeri, presi su ripartenza, scenario che mal si addice a chi comanda nel punteggio.
I numeri dicono che i 22 punti che oggi il Bologna ha in classifica dopo le sue prime 14 partite di campionato sono in linea con i bottini del triennio di Italiano alla Fiorentina: un anno fa dopo 14 giornate la Fiorentina aveva 23 punti, nel 2022-23 19, 21 nel 2021-22. E’ pur vero che la Fiorentina di Palladino oggi di punti ne ha 31. Ergo: Italiano ha dato un’impronta vera al Bologna, ma a Firenze nessuno ne avverte la nostalgia. Questione di prospettive.
Continua a leggere tutte le notizie di sport su