Thiago, un anno di vittorie. Dalla prima gioia rossoblù al sogno chiamato Europa: ha conquistato Bologna

di MASSIMO VITALI -
24 ottobre 2023

Quando Doveri domenica ha soffiato tre volte nel fischietto, suggellando la vittoria rossoblù e ponendo fine al disperato assalto del Frosinone, nella sua ecumenica distribuzione di abbracci a bordo campo Motta ha incrociato anche Saputo. "Bravi, ma che sofferenza", ha detto Joey a Thiago.

"Presidente, questo è il calcio", gli ha risposto il tecnico. Questo è il calcio: ma soprattutto questo è Thiago. Uno che nell’ultimo anno ha saputo filtrare dalla qualità dei singoli il valore aggiunto di un prodotto di squadra, plasmando un Bologna che oggi ha un imprinting inconfondibile, nonché un marchio da Europa che domenica gli hanno riconosciuto gli stessi tifosi, con quel coro finale dedicato al tecnico quasi in deroga all’ortodossia della curva rossoblù, da sempre poco incline ai cori ‘ad personam’.

Fuori luogo esagerare con i voli pindarici a fine ottobre, ma i numeri sono numeri e non mentono. Giusto un anno fa, il 23 ottobre 2022, Motta, reduce da un filotto negativo di un punto in 4 partite (le prime della sua gestione), festeggiava la prima vittoria in campionato sulla panchina del Bologna: un 2-0 al Lecce, domato al Dall’Ara grazie a un rigore di Arnautovic e al primo gol in rossoblù di Ferguson.

Quei tre punti hanno rappresentato l’inizio di un percorso virtuoso, che all’ottavo anno della serie A di Saputo (attesa fin troppo lunga) ha portato la squadra fuori dalle secche dell’anonimato proiettando anche il club verso orizzonti nuovi e assai più appetitosi.

Partendo da quel 2-0 al Lecce di un anno fa il Bologna di Motta è come se avesse affrontato un campionato virtuale di 37 partite (una in meno delle canoniche 38) in cui, sommando i bottini dei due segmenti di serie A, ha raccolto complessivamente 61 punti: vincendo tanto (il 43 per cento delle partite), pareggiando spesso (13 volte) e perdendo pochissimo (appena 8 partite).

Nel calcio non sempre due più due fa quattro. Ma con questo ruolino di marcia in serie A da molte stagioni a questa parte si centra quella zona di classifica, poco oltre i 60 punti, che da diritto al settimo posto, con annessa Europa. Begli amici, mi fanno una carezza e subito mi chiedono di centrare un obiettivo ambizioso, forse avrà pensato ironicamente Motta domenica quando ha ascoltato il messaggio della curva.

In realtà in quel coro pesava più la carezza della richiesta, e in ogni caso è stato il primo pubblico riconoscimento da parte della curva Bulgarelli al lavoro di un professionista che con quella stessa curva un anno fa si era scontrato, nel faccia a faccia pre Sampdoria a Casteldebole all’alba della sua avventura in rossoblù.

Qual è la vera forza di Motta? Avere mantenuto invariato, in questi dodici mesi, l’ottimo fatturato della squadra nonostante la rivoluzione estiva abbia cambiato radicalmente i connotati della rosa.

C’erano Schouten, Dominguez, Arnautovic e tutti i senatori. E oggi non ci sono più. Sinceramente: chi se n’è accorto?

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