Tifoso e collezionista: a San Pietro in Casale ha organizzato decine di mostre per il Toro. E una storica per Giacomino. Dall’Olio, il granata che onora la memoria di Bulgarelli: "Do voce all’anima del Torino, ma i rossoblù sono più forti»

"Pecci è un amico vero. Non mi riconosco. in questo calcio senza passione. Per questo guardo al passato". .

di MASSIMO VITALI
26 novembre 2023

Dall’Olio, il granata che onora la memoria di Bulgarelli: "Do voce all’anima del Torino, ma i rossoblù sono più forti"

"Che cos’è per me il Toro? E’ senso di appartenenza, è l’amicizia con Eraldo, è una mostra su Gigi Meroni. Il Bologna invece è tante cose, per esempio il mio legame speciale con Giacomino".

Quando a Giacomino, alias Giacomo Bulgarelli, il comune di San Pietro in Casale nel 2010 intitolò il campo sportivo Marco Dall’Olio organizzò una mostra sull’ex bandiera rossoblù portando nella Bassa il gotha del calcio d’antan: Zoff, Suarez, Antognoni, Rivera, Lodetti, Perani, Pavinato, Pivatelli, per citarne solo alcuni.

Dall’Olio, un bolognese come diventa tifoso del Toro?

"Io lo sono diventato perché mio padre Alfonso come tanti italiani nel secondo dopoguerra si appassionò alle vicende del Grande Torino. C’era voglia di rinascere e quella squadra aveva un’anima".

Che cos’è rimasto oggi di quello spirito?

"Potrei dire poco o niente, però dico Buongiorno. E’ cresciuto nel vivaio granata, in estate ha rifiutato l’Atalanta: io ci vedo un cuore e tracce di quel calcio che oggi è tritato dai diritti tv, dai bilanci taroccati e dal campionato spezzatino. Robaccia in cui non mi riconosco".

Nemmeno il suo grande amico Pecci, se è per questo.

"L’amicizia che mi lega a Eraldo nasce da questo: dall’essere entrambi anticonformisti. Tifare Toro spesso è anche essere contro: contro una squadra con la maglia dalle bande verticali di cui se posso non pronuncio neanche il nome".

Il suo rapporto col Bologna invece?

"Con Pascutti, Fogli e Bulgarelli coltivavo rapporti che andavano ben oltre la semplice frequentazione. Ma potrei citare un lungo elenco di ex rossoblù, a cominciare da Franchino Colomba, che ogni volta che organizzo una mostra vengono a trovarmi a San Pietro in Casale per il piacere di parlare di calcio: quello vero".

Perché si diventa collezionisti?

"Perché dietro una fotografia può nascondersi una storia. Oggi coi social si scattano miliardi di foto, ma sono immagini che non trasmettono nessuna emozione: dietro c’è il nulla".

Difficile che Cairo possa sedurre un romantico come lei.

"Un club è una struttura e al Torino a capo della struttura c’è un imprenditore che fa i suoi interessi economici, ma che nel Toro non ha messo nulla dello spirito Toro".

Juric però quando sbraita dimostra di avere un’anima.

"Mi piaceva lo Juric che s’arrabbiava per il mercato. Però appena gli hanno adeguato il contratto anche lui si è adeguato al quieto vivere".

Almeno le piace Motta?

"Il Bologna gioca meglio del Toro perché ha un’idea di calcio a differenza dei granata, dove vedo un continuo rimescolamento che non porta a granché. Però Motta a volte è troppo protagonista, ruba troppo la scena. Come dice Eraldo, sono i calciatori che fanno la differenza, mica gli allenatori".

Ma i calciatori bravi, se vestono le maglie di Bologna o Torino, alla fine rischi di perderli.

"Vedi Bremer, subito ceduto al club che non cito: è per questo che coltivo il passato e non mi riconosco nel calcio di oggi. Ma lei se lo immagina un Dall’Ara che avesse venduto Bulgarelli, Fogli e Perani?".

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