Toni Kroos: dal Bayern al Real Madrid, una carriera ricca di trionfi
Dopo Euro 2024 lascerà il calcio giocato uno dei centrocampisti più forti degli ultimi vent'anni.
Milano, 21 maggio 2024 – Negli ultimi anni si ha sempre più la tendenza a utilizzare la parola calcio per riferirsi a giocatori, o squadre, che dovrebbero riassumere nel proprio modo di giocare tutta una serie di caratteristiche e qualità che sono l'essenza del gioco del pallone. Questo trend, che personaggi social non hanno fatto altro che aumentare, sta portando a un abuso di questo termine, con accostamenti anche di dubbia fattura. Ormai pare che basti una singola stagione, a volte anche meno, per far impazzire addetti ai lavori e, più facilmente ancora, tifosi e ricevere tale appellativo. Ma se si vuole attribuire al termine calcio questo significato, come se fosse il complimento più alto possibile, allora significa che andrebbe riservato soltanto a coloro che davvero hanno dimostrato, in maniera continuativa, di poter fare cose straordinarie. Dunque, non può essere attribuito a chiunque, semplicemente perché lo straordinario, in quanto tale, non può diventare ordinario. Però, c'è una piccolissima fetta di calciatori che grazie al giusto mix tra talento naturale, intelligenza e applicazione, riescono in questa sorta di impresa, giocatori che riescono a far sembrare facili cose che, in realtà, di semplice non hanno nulla. Uno di questi è Toni Kroos.
Greifswald è una piccola città dell'estremo nord della Germania, affacciata sul Mar Baltico e con poco meno di sessanta mila anime che, principalmente, si dedicano alla pesca. Qui nasce e muove i primi passi su un campo da calcio il primogenito di Roland e Birgit Kroos, Toni. Il ragazzo ci sa fare e tempo qualche anno, e la nascita del fratello Felix, si trasferisce a Rostock perché il settore giovanile dell'Hansa è tra i migliori e poi papà Roland sarà il nuovo allenatore dell'under 17. Felix e Toni si mettono in luce nelle giovanili dell'Hansa, il fratellone in particolare dimostra qualità tecniche ben oltre la media e attira l'attenzione dei più grandi club di Germania. A sedici anni bisogna fare una scelta: o Il Werder Brema, la squadra del cuore e dell'idolo Johan Micoud, o il Bayern Monaco, che non ha bisogno di presentazioni. Vinse il pragmatismo: nel 2006, a sedici anni, venne acquistato dai bavaresi. Al Werder andrà Felix che, dopo qualche anno all'Hansa, fece il grande salto per poi passare anche dall'Union Berlino e ritirarsi a fine 2021 con la maglia dell'Eintracht Braunschweig. A diciassette anni Toni viene promosso nella prima squadra del Bayern, debuttando il 26 settembre 2007 e diventando allora il più giovane esordiente nella storia del club (record battuto prima da Musiala e poi da Paul Wanner). Quel Bayern affianca a giovani di buone prospettive come Lahm, Schweinsteiger, Ribery e proprio Kroos, quello che durante l'anno sarà quello che troverà più spazio, veterani del calibro di Kahn, Zé Roberto e Klose. Quest'ultimo per definire le qualità del giovane Toni non usò mezzi termini, dicendo che o il ragazzo diventerà un fenomeno oppure lui di calcio proprio non capisce nulla.
Nel febbraio 2009 il Bayern lo manda in prestito al Leverkusen per farlo giocare con continuità in mezzo al campo. Anche perché il rapporto con Jurgen Klinsmann non era proprio dei migliori: il calciatore era conscio di meritare più spazio, mentre il tecnico non la pensava allo stesso modo. Fatto sta che con la maglia delle Aspirines segnerà il primo gol in Bundesliga il 18 aprile 2009 contro il Wolfsburg e collezionerà oltre quaranta presenze tra campionato e coppa prima di ritornare alla base. Di ritorno in baviera firma il rinnovo di contratto, con la sensazione però che lì in mezzo sia solo uno dei tanti. Ne seguono tre anni che, nonostante vari successi (come il triplete nel 2013), lasciano a Toni sempre quella sensazione strana, come di incompiuto sotto certi punti di vista. Le cose cambiano con l'arrivo sulla panchina del Bayern Monaco di Pep Guardiola. Kroos è uno dei quei giocatori che fanno innamorare a prima vista allenatori come il catalano, che subito ha l'intuizione di abbassarlo: non più trequartista o, peggio ancora come capitato anche ai tempi del Leverkusen, esterno di centrocampo. Toni deve giocare in mezzo, deve essere libero di muoversi e vedere la partita. La stagione '13/'14 si concluderà con la vittoria della Bundesliga (la terza per lui), della Coppa di Germania (terza), della Supercoppa UEFA e del Mondiale per club. Kroos si esprime al meglio, è un altro giocatore rispetto ai primi anni al Bayern, e ora anche altri top club si sono accordi lui. In particolare, se n'è accorto il Real Madrid. Florentino Perez lo paga 25 milioni e l'estate stessa lo preleva e ringrazia, nonostante la richiesta di Guardiola alla società di trattenerlo. Questo dopo che con la Nazionale tedesca Kroos si sia ampiamente aggiudicato il Mondiale in Brasile. Celebre la sua doppietta nel Mineirazo, la semifinale vinta 7-1 contro il Brasile.
Al Real Madrid fa coppia con un altro interprete assoluto della materia, Luka Modric. L'avventura con i blancos parte in salita, in particolare nell'anno di Rafa Benitez che rimetterà Kroos di nuovo a fare il trequartista con scarsissimo successo. Il cambio drastico arriva con Zinedine Zidane. Il tecnico francese capisce che il vertice basso lo deve fare Casemiro, mentre Kroos deve essere libero di poter impostare e vedere il gioco a centrocampo senza troppi dettami tattici. Deve essere lui a decidere se abbassarsi sulla linea dei difensori per impostare o se spostarsi un po' più sulla sinistra per poi far partire uno di quei lanci millimetrici a cambiare campo. L'importante è che tutto venga fatto sempre con la sua calma, come un direttore d'orchestra che detta costantemente il ritmo della partita. Non è lui che si adatta alla partita, bensì il contrario. E questa non è una cosa per tutti. "Il mio modo di giocare è stato criticato da quando ero giovanissimo. Se mi riusciva bene, dicevano che è geniale. Se mi riusciva male che sono letargico", dice Kroos nel documentario a lui dedicato nel 2019. Qualità riconosciuta anche da Modric, che ha definito il modo di giocare del compagno in "slow motion in un calcio dove tutto è frenetico", e dall'ex Ct tedesco Low: "Non ho mai visto Kroos nervoso, sempre calmo, anche prima di una finale dei Mondiali". Tutte queste qualità di capire e leggere il calcio si sono viste, solo per citare l'episodio più recente, nell'assist per Vinicius nell'andata di semifinale di Champions contro, guarda caso, il Bayern Monaco. Riceve in mezzo al campo, si accentra, è libero di vedere il gioco e, in particolare, il movimento di Vini che porta fuori dalla linea di difesa Kim, cenno con la mano su dove sarebbe passato il pallone, taglio del brasiliano, palla da playstation e 0-1 Real al 24'. Un passaggio al quale, ormai, Kroos ci ha abituato da tempo, l'ha fatto diventare consueto, ma lì di ordinario non c'è assolutamente nulla. Questo è solo l'ultimo di tanti assist di Kroos che, con Zidane e il ritorno di Ancelotti, al Real Madrid ha vinto di tutto e di più. 4 Champions League e altrettante Supercoppe Uefa, portando così il totale a 5 solo lui e Paolo Maldini hanno raggiunto questo traguardo. Ma ci sono anche quattro titoli de La Liga e Supercoppe di Spagna, oltre a cinque Mondiali per club (6 totali, record). E ora ci sono gli ultimi due appuntamenti della sua carriera: prima la finale di Champions League contro il Borussia Dortmund, poi l'Europeo con la Germania. Gli ultimi due balli, gli ultimi due "lenti".
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