Il padrone del campionato. Dai dubbi allo storico trionfo. Così Inzaghi ha conquistato tutto il popolo interista

Vincendo lo scudetto il tecnico è entrato nell’Olimpo del calcio. Ora la firma fino al 2026

di GIULIO MOLA
24 aprile 2024

Quando nell’estate del 2021 Beppe Marotta lo scelse per prendere il posto di Antonio Conte, tecnico carismatico, vincente ma tanto brontolone e poco “aziendalista“, in tanti sostenevano che il 45enne Simone Inzaghi, reduce da un discreto lustro laziale e già corteggiato dalla Juventus dell’amico e concittadino Fabio Paratici, non avrebbe mai raggiunto i livelli di chi lo aveva preceduto su quella panchina. Vincendo lo scudetto numero diciannove in una stagione molto complicata.

Invece, il primo a credere in se stesso con buone dosi di autostima e un pizzico di sfrontatezza è stato lui, il tecnico emiliano che solo un anno fa sembrava in discussione. Ha collezionato trofei (cosa che più volte ha ritenuto giusto rivendicare), ma ora che Inzaghino è diventato Campione d’Italia, entrando nell’Olimpo dei tecnici che hanno fatto la storia della Beneamata, si capisce ancor di più la bontà della scelta fatta dalla dirigenza nerazzurra e l’esigenza di blindare il più a lungo possibile un allenatore che non farebbe fatica ad accomodarsi su una grande panchina europea.

Lo scudetto, che per il popolo interista vuol dire seconda stella, è la sublimazione del lavoro di un tecnico che non ha bisogno di apparire per dimostrare quel che effettivamente vale. E’ stato più forte di tutto e di tutti Simone, degli avversari sul campo e delle “provocazioni“ (vero Allegri?) mediatiche fuori, della delusione per lo scudetto perso al primo anno e delle critiche (sin troppo feroci, provenienti anche dal fuoco amico dell’ambiente interista) della passata stagione, che lo hanno costretto a lavorare sotto pressione e con il fantasma di un possibile esonero fin quando non ha vinto la Coppa Italia per poi sfiorare l’impresa in Champions.

Il trionfo di Inzaghi, arrivato dopo un percorso triennale in cui, per ammissione di chi lavora ogni giorno al suo fianco, il mister ha fatto di tutto per migliorarsi e crescere (anche riconoscendo i propri errori) non è un punto d’arrivo ma di partenza: il salto di qualità del gioco è sotto gli occhi di tutti, la coesione del gruppo che non era semplicissimo gestire pure, il feeling con dirigenza e proprietà è fuori discussione. Presto, prestissimo, dovrebbe arrivare il prolungamento fino al 2026. Con opzione per l’anno successivo. Avanti tutti insieme. Con Marotta e Ausilio. Ci sarà da divertirsi.

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