Flop Juve, dieci motivi per esonerare Allegri

Il ko ai supplementari a Siviglia sintetizza tutte le difficoltà e le sfortune della Signora: i tifosi si schierano sempre meno con Max, richiamato per una restaurazione a suon di vittorie e ora obbligato a guidare una rivoluzione faticosa e non prevista

di PAOLO GRILLI
19 maggio 2023
Massimiliano Allegri, 55 anni

Massimiliano Allegri, 55 anni

Lo scavetto finito alle stelle di Di Maria. La frattura alla clavicola di Fagioli. Il palo di Kean e il piattone di Chiesa diretto involontariamente agli ultimi gradoni del Sanchez Pizjuan. Nella sconfitta di Siviglia della Juve, c’è tutto di una stagione partita con aspettative altissime e che si è trascinata, invece, tra difficoltà di ogni tipo. Signora da zero titoli, per il secondo anno di fila. E il condottiero che non ha portato trofei è sempre Massimiliano Allegri, richiamato a Torino dopo che Sarri (uno scudetto vinto, l’ultima della magnifica serie che ha avuto Max per leader indiscusso) e Pirlo (una Coppa Italia e una Supercoppa vinte) non erano stati ritenuti all’altezza del club dopo la prova dei fatti. L’ambiente non è più con Max, comprensibilmente scomodo nei panni di chi deve fare l’equilibrista tra le enormi pretese del mondo bianconero e le dolorose contingenze legate a giustizia sportiva, infortuni e bilanci in sofferenza. Ecco dieci motivi per cui la Juve potrebbe, o dovrebbe, esonerare il tecnico dando strada libera a una rivoluzione vera che sarà, inevitabilmente, lunga e faticosa.

1. Zero titoli. Se la Juve deve vincere, con tutte le implicazioni in termini di pressione ma anche di stipendi, la missione è stata fallita. Per il secondo anno di fila. 2. Il gioco. Il concetto più odiato da Allegri è proprio quello del bel gioco. Ma il problema è che questa Juve fa fatica a proporre un gioco di qualsiasi tipo, esprimendo poca personalità e un’intensità mediamente inferiore a quella degli avversari, anche di livello sulla carta inferiore. Negli anni d’oro la classe e la solidità supplivano all’assenza di spettacolo e la vittoria era una compagna di viaggio. Ora non più, e il castello, anche senza crollare, scricchiola. 3. Il mercato. Vlahovic, Pogba, Di Maria e Parades sono arrivati con l’avallo di Max, per non dire su sua richiesta. Quanto queste stelle strapagate abbiano inciso in questa stagione è sotto gli occhi di tutti.  E’ stata mediamente una Juve di promesse non mantenute. 4. I gol. Allegri studia le statistiche e sa che i titoli arrivano con la maggiore differenza reti. Ma in fase realizzativa, i bianconeri continuano a stentare. La Juve ha il quinto attacco di A, pur con tutte questa potenzialità in attacco. E la terza difesa, mentre un tempo la retroguardia era sempre al primo posto. Evidente, anche a Siviglia, la difficoltà a segnare, l’annebbiamento di un istinto a colpire che i grandi nomi dovevano portare in dote. 5. Gli scontri diretti. Considerando le sette sorelle del campionato, i bianconeri sono quarti nella classifica ridotta delle sfide incrociate, dietro Napoli, Lazio e Milan. Un altro indizio pesante sulla mancanza di fibra nei momenti clou. 6. Tifosi contro. L’hashtag AllegriOut spopola più che mai sui social. Certo i tifosi non devono essere i giudici di un progetto tecnico, ma le squadre, poi, appartengono a chi le nutre e sostiene con passione. E’ evidente che è finito l’idillio fra il tecnico e il popolo bianconero, che non si riconosce in questa squadra fragile. 7. Il rendimento di Vlahovic. Arrivato a Torino con l’etichetta di futuro campionissimo, Dusan ha conosciuto continue difficoltà in questa stagione e mezzo. Con la Serbia (e con la Fiorentina prima) segna a ripetizione, in bianconero pare un attaccante come altri, costantemente con le spalle rivolte alla porta. Max gli dice di giocare pulito, lui non riesce in alcun modo a esprimere tecnica e potenza.  8. Il rinnovo totale della dirigenza. Se Max è l’unico rimasto dopo la rivoluzione del Cda, è perché è stato investito della responsabilità di portare la Juve in una nuova era. Lui, costretto dagli infortuni dei big, è riuscito a lanciare una validissima pattuglia di giovani: Fagioli, Miretti, Gatti, Soulé, Iling Junior, Barrenechea, Barbieri. Ma la Juve non ha poi cambiato modo di stare in campo. Come se in campo ci fossero quelli dell’altra generazione. 9. I costi. Con sette milioni all’anno netti più bonus fino al 2025, Allegri pesa tantissimo sul bilancio della Juve. Esonerarlo significherebbe zavorrare ulteriormente i conti, ma certo non è l’ideale tenere un tecnico solo per questioni contabili. E un nuovo allenatore potrebbe non avere richieste tanto esose. 10. Le dichiarazioni. «Di più non potevamo fare. Ci è mancata l’esperienza». Le dichiarazioni di Max dopo il ko a Siviglia hanno un retrogusto amaro di resa più che di realismo. Come detto, alla Juve non ci si può accontentare partendo da certe premesse. E poi, la formazione vista in Andalusia aveva campioni e vice campioni del mondo, nazionali in serie, gente che di battaglie importanti ne aveva fatte parecchie. In finale ci sarà invece una Roma che ha superato la semifinale con molti più infortunati e molti più “insperti”. 

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