Juve, Tudor per salvare la stagione. Motta: storia di un amore finito presto

Thiago esonerato, il tecnico croato dovrà centrare il quarto posto: sullo sfondo restano Conte e Gasp

di LORENZO LONGHI
24 marzo 2025
L'ingresso esterno dell'Allianz Stadium (o Juventus Stadium)

L'ingresso esterno dell'Allianz Stadium (o Juventus Stadium)

Alla fine, la sconfitta di Firenze è stata davvero fatale a Thiago Motta: nel tardo pomeriggio di ieri, infatti, la Juventus ha ufficializzato l’esonero dell’allenatore italo-brasiliano e la sua sostituzione con Igor Tudor. Lo ha fatto con modalità e tempistiche piuttosto irrituali per il club bianconero, al termine di una sette giorni di incontri, confronti e sondaggi nella quale la delegittimazione di Motta agli occhi di tutti, addetti ai lavori, tifosi e squadra, era di fatto compiuta, al punto che, a prescindere dall’identità del nuovo allenatore, non avrebbe avuto senso presentare in panchina contro il Genoa, sabato, un allenatore senza futuro.

La corsa per sostituirlo l’ha infine vinta Igor Tudor, già ex bianconero in campo e in panchina nello staff di Pirlo, che si è convinto ad accettare il ruolo di traghettatore: il club non ha comunicato gli estremi dell’accordo, ma l’ex tecnico della Lazio, a quanto si è appreso, dovrebbe avere firmato sino al 30 giugno, con un’opzione di rinnovo in caso di ottenimento della Champions League, con la Juventus che si sarebbe cautelata con una clausola unilaterale per interrompere il rapporto, da comunicare entro il 30 luglio. Il motivo? Tudor allenerà la squadra nelle ultime nove partite del campionato e anche al Mondiale per Club, la cui fase a gironi si chiude il 26 giugno per i bianconeri, ma proseguirà a luglio in caso di passaggio del turno.

Per la Juventus e per Motta l’ultima settimana è stata surreale: da un lato una conferma che evidenziava comunque un rapporto ormai finito, con il tecnico a lavorare alla Continassa al cospetto di un numero ristretto di giocatori (buona parte era impegnata con le nazionali) e Giuntoli a tentare di trovare la quadra non solo con i profili individuati per subentrare (Tudor e Mancini), ma anche con Scanavino ed Elkann per ottenere il placet a effettuare l’operazione ora, indipendentemente dalle logiche di bilancio, tema secondario ma non irrilevante. Ottenuto il benestare della proprietà, il direttore tecnico – pare anche, secondo alcune ricostruzioni, in maniera piuttosto dura – ha provveduto a sancire il divorzio.

Thiago Motta ha pagato per tutti, comprese le mancanze di dirigenza e società, ma non si è aiutato: insignito di un’autorità da re Sole, si è visto concedere dal club – in questo colpevole – carta bianca, creando una sorta di assolutismo che ha sfruttato accentrando la leadership su di sé, allontanando o accantonando veterani e non allineati (Danilo e Fagioli, ceduti a gennaio, ma anche Vlahovic e Perin, spariti dalle rotazioni), svuotando di significato la fascia di capitano e proseguendo con troppa rigidità su un sistema di gioco che non ha mai realmente funzionato, senza mai mettersi in discussione ma, piuttosto, spostando i giocatori in posizioni discutibili.

I risultati gli hanno dato torto e, dopo le clamorose eliminazioni nelle coppe, i malumori sono venuti a galla e si è scoperta una irrimediabile mancanza di empatia con lo spogliatoio, sfociata nelle due epocali sconfitte contro Atalanta e Fiorentina. Inevitabile l’epilogo: a Tudor il compito di ricostruire il gruppo dal punto di vista psicologico e tattico, l’obbligo del quarto posto ma anche l’opportunità di guadagnarsi un futuro che, a leggere tra le righe, il club, per la prossima stagione, sembra voler apparecchiare per qualcun altro, Conte o Gasperini che sia.

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