La stoccata di Cardinale. "L’Inter dopo lo scudetto è andata in bancarotta. Vincerò con intelligenza»
Il proprietario del Milan a ruota libera all’interno di uno studio di Harvard sul club "Non cerco di americanizzare la società, voglio portarla al livello successivo. Per i tifosi il mio lavoro è finire al primo posto, per gli investitori è andare lontano" .
"Vincere i campionati è ovviamente un obiettivo importante, ma deve essere bilanciato con il vincere in modo intelligente. L’Inter l’anno scorso è arrivata prima in Serie A e poi è fallita: è davvero questo il paradigma?". Una lectio magistralis che risale al settembre scorso, con riferimento a Suning (precedente proprietà nerazzurra prima di Oaktree). Parole che tornano prepotentemente attuali con la pubblicazione di uno studio sul Milan condotto dalla Harvard Business School. Oratore, Gerry Cardinale. Che, all’interno del documento di ventiquattro pagine, ripercorre i suoi passi in rossonero. Partendo dal principio: "Quando abbiamo acquistato il Milan molti proprietari di squadre sportive americane mi hanno chiamato per dirmi: “Sei pazzo. Non puoi fare affari in Italia. È impossibile fare soldi nel calcio europeo“. La maggior parte di chi investe in società sportive – le sue parole – lo fa perché coinvolto emotivamente. Mette la vittoria al di sopra di tutto: questo spesso porta a commettere l’errore di pensare che spendere troppo per schierare una squadra di stelle sia linearmente correlato alla vittoria. Questa è la cosa peggiore che si possa fare da investitore".
La linea Cardinale, invece, è la seguente: "Per i tifosi, il mio lavoro è vincere il campionato ogni anno, lo capisco. Per i miei investitori che si concentrano sull’apprezzamento del valore finale, il mio lavoro è posizionare il Milan per lottare per lo scudetto, qualificarsi per la Champions e andare il più lontano possibile in Champions. Questo è ciò che massimizza il flusso di cassa e il valore del marchio. È la coerenza e la minore ampiezza nella volatilità delle performance che massimizza il valore e, in ultima analisi, la longevità". E ancora: "Non sto cercando di americanizzare il Milan, ma di introdurre alcuni elementi statunitensi che possano portarlo al livello successivo in modo costruttivo. Ritengo che abbia il potenziale per diventare un’azienda da cinque miliardi di euro". Parole d’amore per lo scudetto del 2022: "La passione della gente è stata incredibile, mai visto niente del genere. I tifosi fanno il loro lavoro, ma il problema è che la maggior parte delle altre componenti rende difficile offrire loro il meglio. I media spesso non aiutano, ho smesso di leggere i giornali perché possono inventarsi tutto. E il governo ha tolto vantaggi fiscali, penalizzandoci nei confronti degli altri campionati".
Un passaggio anche sul Diavolo del passato, ai tempi di Silvio Berlusconi: "Ciò che ha fatto con il Milan mi ricorda ciò quello che Steinbrenner ha fatto con i New York Yankees. Allora era possibile farlo, ora non possiamo più permettercelo". Parole chiare sulle scelte di Giorgio Furlani (amministratore delegato del Milan) e Zlatan Ibrahimovic (senior advisor di RedBird): "Avrei potuto fare un casting nel calcio europeo, ma ho scelto Furlani perché la pensa come noi. Ibra non è arrivato perché sono innamorato delle celebrità, ma perché sto cercando persone che di livello mondiale che possano farci migliorare". Nel documento, anche le parole dello svedese: "Io sono Zlatan e il mio ruolo è essere me stesso. Ho molto da imparare, ma anche molto da dare. Sono qui per far crescere la mentalità vincente della squadra. Ai giocatori dico che al Milan, se ottieni risultati, puoi fare la storia". E Moncada: "Abbiamo provato a ingaggiare Vinicius quando aveva 17 anni e Bellingham quando ne aveva 20, ma non potevamo competere con il Real Madrid. Ora stiamo prenendo rischi calcolati: siamo stati gli unici, ad esempio, a puntare su Reijnders".
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