Milan, i playoff non sono un miraggio. La squadra cresce, il calendario aiuta

Rossoneri ultimi a zero punti in Champions, ma arrivano segnali confortanti. Le quattro gare verità

di GIULIO MOLA
4 ottobre 2024
Milan, i playoff non sono un miraggio. La squadra cresce, il calendario aiuta

Tammy Abraham, attaccante del Milan, nello sfortunato match di Leverkusen

La parola d’ordine è: “Nessun dramma“. Certo, dopo la seconda giornata della prima fase della Champions League la classifica parla chiaro, perché con due sconfitte sul groppone l’ultimo posto in classifica è inevitabile. Ma al di là del fatto che la “ricaduta“ in Europa contro il Bayer Leverkusen fa meno male rispetto all’1-3 rimediato a San Siro con il Liverpool nella gara d’esordio per la qualità del gioco e le occasioni avute dai rossoneri in Germania, non tutto è compromesso. Il viaggio verso la finale di Monaco di Baviera è lunghissimo, siamo solo ad inizio ottobre e l’obiettivo minimo, ovvero arrivare ai playoff per poi provare l’accesso agli ottavi di finale, resta assolutamente alla portata di Fonseca e della sua squadra alla luce dei risultati di martedì e mercoledì. Più complicato (ma non impossibile) il passaggio diretto alla fase successiva, a beneficio solo delle prime otto squadre classificate. Chi si piazzerà invece fra il nono e il ventiquattresimo posto, avrà un supplemento di fatica con sfida ad eliminazione diretta.

Dopo due turni il Milan è fra le otto squadre (certamente la più “titolata“) ferme ancora a quota zero e virtualmente trentaduesimo. Soltanto sette sono le formazioni a punteggio pieno, mentre nella zona “playoff“ galleggiano altri club blasonati come Arsenal, Bayern Monaco, Psg, Barcellona, Real Madrid e Atletico Madrid. Anche le tre spagnole e i francesi hanno perso un match, ecco perché il discorso qualificazione è apertissimo anche per i rossoneri, proprio per l’effetto del nuovo “format“, con le partite del maxi-girone che andranno avanti fino a gennaio. "Quella di Leverkusen è stata la partita che più mi è piaciuta da quando alleno il Milan, ai miei calciatori ho detto di aver apprezzato tanto il coraggio dell’ultima mezz’ora", le parole a “caldo“ di Fonseca. Il quale sa bene che c’è ancora tanto da lavorare e da migliorare, ma al di là del rendimento in campo dei giocatori, è il calendario che sembra sorridere ai rossoneri: da qui a metà dicembre ci saranno altre quattro partite, e l’unica molto complicata (sulla carta) sembra essere quella del 5 novembre in casa del Real Madrid. Tre punti sono invece alla portata nel prossimo turno (22 ottobre contro il Bruges a San Siro), ma pure alla quinta giornata (26 novembre) nella trasferta di Bratislava e alla sesta (ancora in casa, contro la Stella Rossa). Con nove punti in cassaforte, infatti, Leao e soci si giocherebbero tutto nelle ultime due gare (a gennaio) contro Girona e Dinamo Zagabria, avversari non di prima fascia. Ovvio che qualificarsi al nono a decimo posto consentirebbe un sorteggio migliore nei match dell’11 e 12 febbraio (ritorno 18 e 19 febbraio).

In questo momento a Milanello l’importante è restare tranquilli e concentrati anche in vista della delicata trasferta di domenica a Firenze: più che confortanti segnali di risveglio ci sono stati in campionato (prima e dopo il derby vinto meritatamente nonostante gli sfavori del pronostico). E se questo Milan (con Fofana anima del centrocampo) continua così, può solo crescere e fare ancora più male in avanti, soprattutto quando Leao (spesso custode svampito della fascia sinistra) sarà al livello degli altri, Abraham aggiusterà la mira in zona tiro e Loftus Cheek diventerà più continuo. Anche Fonseca può migliorare nella gestione dell’intera rosa, visto che ad oggi il Milan è la squadra che fa meno turnover in Europa: Pavlovic in questo momento sembra ai margini, ma ci sono anche altri calciatori cui viene concessa una manciata di minuti solo nei finali di partita. Forse anche Okafor, Chukwueze, Jovic e Musah, in un periodo in cui gli impegni si moltiplicano, meriterebbero più spazio per far rifiatare i compagni di squadra. Anche perché chi resta a guardare rischia di perdere motivazioni. Giocare meno, ma giocare tutti. Dall’altra parte del Naviglio è la strada intrapresa da Simone Inzaghi. E forse, vista la stagione lunghissima e faticosa, non è un’idea sbagliata.

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