Milan, la testa è giusta. Tris e vetta dopo il derby. La rimonta di Fonseca
Steso il Lecce: Morata, Theo e Pulisic mettono i tre punti al sicuro nel primo tempo. Il Diavolo aggancia il Toro e riassapora il primato dopo un anno: ora può tutto.
Re per una notte, a 342 giorni dall’ultima volta. Allora era il 20 ottobre dell’anno scorso, nell’era Pioli. Ora, è un nuovo, matto, Diavolo targato Fonseca. Non importa se a braccetto c’è il Torino e tutte devono ancora giocare. Il segnale (fortissimo) resta. Ed è dato da chi, fino a pochi giorni fa, era fischiato e contestato, dagli spalti alla critica. La lista dei successori era stata già compilata. Ma dai giorni del dentro o fuori, il tecnico ne sta uscendo (o ne è già uscito) col suo sorriso sornione e, soprattutto, col suo calcio. Non ha cambiato di una virgola la formazione che ha riportato il derby sulla sponda rossonera del Naviglio. L’unica novità, la fascia sul braccio di Leao: "Lui è uno dei capitani (con Calabria e Theo Hernandez), tutti devono prendersi le responsabilità". Anche Morata dunque dall’inizio, alla faccia della borsite. Al Leverkusen ci si pensa da oggi. Prima c’è un Lecce che si schiaccia su un abbottonatissimo 4-5-1 senza palla. E che strizza l’occhio alle ripartenze. L’andamento iniziale è però lento. Sì, Diavolo più dominante nella metà campo avversaria rispetto al derby. Normale che sia così. Ma manca lo strappo, l’ultimo passaggio con le bollicine. Palla da destra a sinistra e da sinistra a destra. Stop. Fino a che il bottone nascosto non viene premuto. E cambia tutto in una manciata di minuti per questo Milan "emozionale". Leao esce dal torpore e si prende una punizione che Theo Hernandez telecomanda sulla testa di un Morata in versione toro e non torero: 1-0. I decibel vanno su, i giri del motore schizzano ancora più in alto. Così Leao imbuca per la sgasata di Theo da bis. Ancora il francese e il portoghese protagonisti. E protagonista ancora Morata, che sradica palla a Ramadani e offre un cioccolatino ad Abraham: l’inglese, che prima aveva mostrato eccessi di altruismo, questa volta pecca di mira e tempismo. Nulla di sprecato, perché alla fine come sempre arriva Pulisic a risolverla: tris. Minuti magici, fiammate già apprezzate nel recente passato (vedasi la prima mezz’ora da poker col Venezia). Qui, però, il clic spacca la partita in appena una manciata di minuti. Bastano e avanzano, per un secondo tempo che diventa di gestione pressochè totale (le eccezioni: traversa di Loftus, palo di Banda, l’esplusione immediata di Bartesaghi). Sembra passata un’eternità dal tris incasato dal Liverpool, non due settimane scarse. E la Champions a breve ritorna, per “chiudere“ una sorta di cerchio. Per iniziare a pedalare per davvero. Intanto, il popolo rossonero si godono un primato (ora) fuggevole, ma fortemente simbolico. E sempre meno paradossale. Fonseca, dal canto suo, lo ha sempre detto: "Sì, è il nostro obiettivo".
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