Morata indiavolato. Già leader del Milan anche nelle sconfitte
Alvaro Morata si trasforma al Milan, dimostrando leadership e determinazione. Dopo un inizio incerto, si fa apprezzare per il suo contributo in campo e il suo impatto positivo sulla squadra.
Tra Madrid e Milano ci sono 1.187,83 chilometri di distanza, in linea d’aria. Tra la capitale spagnola e Leverkusen, invece, più di 1.400. Su strada, sulla carta e, soprattutto, sul campo, ce ne sono molti, molti di più. Perché la città della Renania Settentrionale-Vestfalia è l’ultima tappa della trasformazione di Alvaro Morata, metamorfosi già (decisamente) in atto sulla sponda rossonera del Naviglio meneghino. Il tutto, in appena tre mesi. Tanto è passato dalle bordate messe nero su bianco dal quotidiano iberico El Confidential: "Morata, un capitano che mette in imbarazzo la Spagna e non solo per il suo scarso livello agli Europei". Riferimento alle sue dichiarazioni di voler lasciare il paese natìo, dove "non c’è rispetto per niente e per nessuno". Le parole dell’attaccante hanno poi trovato riscontro nei fatti: ha rispolverato quel “nessuno è profeta in patria” che affonda le sue radici nei secoli dei secoli, Alvaro "il piagnucolone" (anche così è stato definito) e ha fatto i bagagli. Lasciando, peraltro, un biglietto da visita da 21 reti nell’ultima stagione in maglia Atletico.
E un campionato Europeo vinto da capitano della Spagna. Altre parole invece, quelle sullo "scarso livello", di riscontri ne han trovati davvero pochini. Questione di numeri: 6 partite in rossenero, 2 reti e un assist. All’esordio in Serie A, con il Torino, è entrato a mezzo servizio e ha quasi gudagnato un rigore, ha segnato un gol poi annullato per fuorigioco, ne ha realizzato uno buono. Poi l’infortunio muscolare che lo ha tenuto fuori contro Parma e Lazio.
A seguire: una mezz’oretta scarsa col Venezia per ritrovare un po’ di gamba, un assist pronti-via contro il Liverpool, una gara a tutto campo nel nuovo 4-2-4 con l’Inter, un altro gol col Lecce alla faccia della borsite. Borsite che, però, lo ha “panchinato” a Leverkusen: “Troppo rischioso farlo giocare dall’inizio. Non vogliamo correre rischi”, l’sms di Fonseca sia a un’oretta dall’inizio che alla vigilia. Poi, in campo. In Champions la musica è diversa, era stato un altro concetto espresso dal portoghese.
Non per Morata, però, Che, anzi, la musica l’ha fatta cambiare quasi definitivamente. Corsa, zuccate, gol sfiorato. Non solo. Leadership, soprattutto. Altro che "piagnucolone". Morata il Milan se l’è preso sulle spalle fin da subito. È arrivato in un’estate che fino ad allora era stata nel segno del tormentone Joshua Zirkzee. E qualcuno aveva arricciato il naso. Gli è stata subito, comunque, appiccicata addosso la scomoda etichetta di erede di Giroud. Lui non ha fatto una piega. E ha già convinto praticamente tutti. Don Fabio Capello, ad esempio, dopo l’ultima sfida di Champions: "Per come è entrato Morata non poteva giocare dall’inizio? La cosa più importante della partita è stata il suo ingresso: ha dato la scossa. Quando hai questi giocatori, ti viene voglia di dare di più. Lui è molto importante, anche psicologicamente". Lo aveva anticipato Rafa Leao, qualche ora prima: "Morata e Abraham lottano e non si fermano mai, non posso fare a meno del loro lavoro. Sono forti in attacco e anche senza palla in difesa. Tutti sono contenti di loro". Ancor prima, Fonseca: "Oltre ad essere compatibili tatticamente, Alvaro e Abraham portano una certa energia ed è la cosa che mi piace di più. Ed è contagiosa.Se vediamo un Rafa che lavora di più è anche perché segue questi esempi". Non male per un "piagnucolone".
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