A lezione da Bianchessi. Il dg del vivaio brianzolo: "Ecco come nasce un campione. Famiglia e scuola al primo posto»

"Nel “modello integrato Monza“ ci sono responsabili in ogni settore che hanno linee guida ben chiare"

di MICHAEL
16 maggio 2024
Il dg del vivaio brianzolo: "Ecco come nasce un campione. Famiglia e scuola al primo posto"

Il dg del vivaio brianzolo: "Ecco come nasce un campione. Famiglia e scuola al primo posto"

Cuomo

enga con me". Siamo all’U-Power Stadium: il cielo è grigio, il campo si illumina degli occhi di Mauro Bianchessi, 60 anni, una vita nel calcio a scoprire talenti con quasi 40 trofei in bacheca, e dallo scorso luglio Direttore generale del Settore giovanile del Monza. "Al mattino la sveglia suona alle 6, parto da Bergamo alle 6.30, alle 7.30 ci siamo io e l’addetta alle pulizie che mi aspetta: un caffè, "come va a casa?" e poi arrivo sul campo. Lo guardo e ripeto: devo mandarne un altro qui". Anche con il freddo d’inverno? "Sempre". Torniamo verso l’ufficio... "Ecco, quella è tutto". Indica il celebre insegnamento di Silvio Berlusconi, riportato a caratteri cubitali nel percorso verso il terreno di gioco: "Chi ci crede combatte, chi ci crede supera tutti gli ostacoli, chi ci crede vince". Ma cosa deve significare, per un ragazzo, vincere? "Dico sempre ai miei ragazzi: "Se avete paura di sbagliare e rinunciate alla giocata, avete già perso. Se ci provate, potete vincere 1-0". L’importante è che escano dal campo stremati, senza rimorsi". Nel corridoio che porta al suo ufficio ci sono i primi trofei: "Sono vittorie a tornei anche internazionali, abituo ad andare all’estero a confrontarsi con le squadre straniere. Stiamo cominciando a scrivere la storia: la Primavera si è salvata, per la prima volta nella storia del Monza l’Under 17 è nei primi 8 d’Italia, L’Under 16 ai playoff scudetto e soprattutto siamo arrivati a competere con Milan, Inter e Atalanta investendo meno della metà e triplicando i giocatori convocati nelle varie Nazionali giovanili. Ma aspetti...".

Prego.

"Prima di tutto i ringraziamenti ai maestri che mi hanno aiutato a crescere, ci tengo a ogni intervista: Clerici a Brescia, Favini e Bonifacio all’Atalanta, Braida al Milan e soprattutto Adriano Galliani, il massimo dirigente di calcio a livello mondiale. Perché parlano i fatti, non le parole".

Vi siete ritrovati dopo gli anni al Milan.

"Una stretta di mano 3 anni fa. Alla Lazio avevo un contratto ancora molto lungo, Lotito non mi lasciava andare. Sono andato in pensione, il telefono ha squillato, ma ha avuto valore quella stretta di mano. Senza contratti, senza niente. Oggi è difficile trovare ancora persone come Galliani, che danno un peso alla parola data, a una stretta di mano. Io sono così. Finché ci sarà, io sarò al Monza con lui, poi vedremo...".

Ancora oggi il Milan beneficia del vostro lavoro.

"In undici anni ho speso circa 300mila euro di mercato all’anno, faccia lei i conti. E pensi a quanto capitale abbiamo creato con i vari Donnarumma, Locatelli, Cristante, Bellanova, solo per citarne alcuni. Adesso anche Camarda. Ma chiamavo Galliani alle 9 del mattino e rispondeva, a mezzanotte lo stesso. E succede anche qui. Oggi nel calcio non c’è più cuore, non c’è più amore, non c’è più passione".

Non vale per lei. La Primavera si è salvata, grande impresa.

"A me la passione porta sempre a cercare nuove sfide, questa è stata tosta e stimolante. Anche difficile, perché “Lupino“ (Alessandro Lupi, ndc) lo conosco da 20 anni e non è stato facile cambiare allenatore. Con Oscar Brevi la media punti è salita a 1,4 a partita, media da playoff. E non ho speso un euro non perché non ne avessi a disposizione, ma perché preferisco partire con i ragazzi giovani e costruirmeli in casa: la strada è più lunga, però i ragazzi si affezionano alla maglia".

La prima cosa che cerca?

"Bambini di 13-14 anni con valori e famiglia. Puoi avere un giocatore fortissimo, ma senza famiglia e determinati valori lo perdi. Io sono molto rigido sulla scuola: se uno non va bene, non si allena e fa ripetizioni. Li chiamano i “comandamenti Bianchessi“: prima la famiglia, secondo la scuola, terzo il calcio fatto seriamente. Se manca uno dei 3, qui non ci sta. Perderemmo solo tempo".

Avete creato un “modello integrato Monza“.

"Ci sono responsabili in ogni settore che hanno linee guida ben chiare e obiettivi da raggiungere attraverso un metodo condiviso. Poi abbiamo una scuola di formazione che coinvolge tante eccellenze. Mi hanno detto: “Ma come mai fa venire qui il responsabile delle risorse umane di una grande azienda multinazionale?“. Perché l’allenatore ha a che fare con chi? Deve apprendere, anche solo che tono di voce utilizzare".

Anche i giovani sono cambiati.

"Prima i ragazzi non riuscivi a tirarli fuori dal campo, rischiavano anche di farsi male. Oggi sono subito lì con i telefoni, vestiti firmati, capelli stravaganti e scarpini per giocare da 400 euro, ma sono fragili, perché al primo problema ci girano attorno, non lo affrontano. Tra questi c’è comunque il calciatore del futuro, quindi abbiamo messo a disposizione psicologi e mental coach. È il “Progetto oro“ ideato con Galliani".

E la tattica?

"Quella dai 16 anni in su, perché c’è prima la tecnica. Chi fa tattica con i bambini, per me deve cambiare mestiere".

Tra i suoi trofei c’è pure un campionato vinto con le donne

"E qui, grazie alla collaborazione con la società Fiammamonza, abbiamo circa 90 ragazze tesserate. L’Under 19 ha vinto il suo girone e si è qualificata al secondo posto nel campionato regionale, l’Under 17 sta disputando le fasi interregionali. Abbiamo in mente delle nuove idee e a breve le proporremo al dottor Galliani".

Un’altra grande vittoria o un nuovo giovane tra i grandi: per il suo prossimo trofeo, cosa preferisce?

"Il prossimo che arriva in prima squadra. Mi dia un anno e mezzo. L’emozione di vedere un ragazzo debuttare tra i grandi dopo tutto il lavoro è impagabile".

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