Spal, Arena e il film della stagione: "La più difficile, ora il riscatto"
Il difensore ripercorre i sei mesi di stop per la frattura del perone: "Seguire da fuori è stato pesante"
Doveva essere un punto fermo della difesa spallina, ma la frattura del perone lo ha costretto a restare ai box sei mesi. Praticamente tutta la stagione passata a guardare i compagni e soffrire a distanza, fino al sospirato rientro in campo avvenuto proprio in extremis, nei minuti finali dell’ultima giornata. È stata una stagione da incubo per Matteo Arena, che adesso però medita di recuperare il tempo perduto e prendersi la migliore rivincita possibile. Naturalmente con la maglia della Spal, con la quale è legato da un lungo contratto.
"È stata senza dubbio la stata la stagione più difficile della mia carriera – spiega il difensore barese –. Da ragazzino avevo addirittura pensato di lasciare il calcio, ma a quei tempi avevo poco da perdere. Questo campionato invece è stato davvero pesante: seguire da fuori non è stato bello, credetemi. Avevo iniziato la stagione abbastanza bene: ero uno di quelli che aveva giocato di più, poi è arrivato quell’infortunio con l’Arezzo che ha rovinato tutto. Ho fatto di tutto per rientrare prima della fine del campionato e ci sono riuscito, però adesso la testa è già proiettata alla prossima stagione".
Cosa ricorda di quella sera ad Arezzo?
"Un po’ di confusione. Il dolore non era particolarmente intenso perché l’adrenalina aveva preso il sopravvento: negli occhi dei miei compagni ricordo tanto spavento e preoccupazione, però non avevo capito cosa mi sarebbe successo nei mesi successivi. Diciamo comunque che poteva anche andarmi peggio".
Ha temuto davvero che la squadra potesse finire ai playout o addirittura in zona retrocessione?
"Chiunque lo ha pensato ad un certo punto: eravamo in grossa difficoltà e vedere la Spal da fuori e non poter fare nulla è stato frustrante. Mi curavo a Bologna restando in contatto coi compagni, e avvertivo le difficoltà. Poi il ritorno di mister Di Carlo, il rientro di Dalmonte e Siligardi e il mercato invernale ci hanno permesso di cambiare marcia e salvare il salvabile. A proposito, se potessi riscattare Dalmonte lo farei personalmente: per la categoria è un giocatore fenomenale che fa davvero la differenza".
Qual è stato il segreto del Di Carlo-bis?
"In realtà il suo approccio non è stato diverso da quello di inizio stagione. Ha trovato una squadra intimorita, alla quale è stato bravo a ridare fiducia. Inoltre, ha tranquillizzato l’ambiente isolando la squadra, e una vittoria alla volta ha ricreato un clima di entusiasmo".
Cosa sarebbe accaduto in caso di playoff?
"Potevamo diventare la mina vagante perché avevamo creato una bella energia tra di noi e coi tifosi. Bisogna però essere onesti: ai playoff il fattore campo incide parecchio, quindi dal decimo posto sarebbe stato molto difficile arrivare fino in fondo. Comunque ci saremmo tolti delle soddisfazioni".
Il Cesena era davvero di un altro pianeta?
"Era la squadra da battere, perché partiva dallo zoccolo duro della stagione precedente, aveva fatto tanti punti e si era giocato fino alla fine la promozione: era il favorito naturale. Stessa ossatura, stesso allenatore, e nuovi acquisti forti nei ruoli chiave. Noi ci portavamo dietro le scorie della retrocessione, poi gli infortuni ci hanno tagliati le gambe. È stata una stagione negativa, ma ci sono le basi per ripartire di slancio. Per quanto mi riguarda, non ho dubbi: voglio restare a Ferrara per riprendermi tutto, con gli interessi".
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