Mattia Cattaneo: "Ho buttato la mia carriera perché volevo essere troppo magro"
Il bergamasco si confessa a Relevo: "Ero adolescente e vedevo la forma dei professionisti: poi ho capito che così non avevo forze"
Roma, 23 settembre 2024 - Il mondo del ciclismo non è nuovo a incrociare il proprio cammino con tematiche ben più serie attinenti alla salute, fisica e mentale: qualche mese fa l'onere era toccato a Harry Sweeny, che aveva confessato di avere un disturbo dello spettro autistico, come tra l'altro in precedenza avevano dichiarato anche altri corridori come Greg LeMond, Jonathan Vaughters e Jan Ullrich (ma tutti a fine carriera). Oggi a parlare è Mattia Cattaneo, che pone l'accento su un'altra tematica importante e sempre attuale: quella dei disturbi alimentari e in generale dei dimagrimenti eccessivi per performare meglio nello sport, argomento che periodicamente torna in voga anche con proporzioni meno drammatiche. Restando al ciclismo, è il caso di Mathieu Van Der Poel, in queste settimane sotto i riflettori per il forte calo di peso raggiunto in concomitanza con i Mondiali di Zurigo 2024.
I dettagli
Ai microfoni di Relevo il fresco bronzo nella cronometro europea si è aperto su un problema che ha segnato l'inizio della sua carriera e della sua vita. "Sono molto felice di aprirmi su questo argomento. Non mi piace nascondermi o inventare scuse: so bene qual è il motivo per il quale ho buttato via tanti anni in bici subito dopo il passaggio al professionismo". In effetti sul classe '90, diventato pro nel 2013, c'erano ben altre aspettative, ben corroborate da quanto raccolto a livello giovanile: aspettative non mantenute pienamente e da oggi anche con una spiegazione. "Mangiavo male perché volevo essere il più magro possibile. Ho fatto tanti errori e li hanno fatti anche i miei allenatori, che avrebbero dovuto entrare nella mia testa per farmi cambiare direzione. Invece, quando ho iniziato a correre da professionista non avevo forze e mi staccavo anche in pianura". In effetti, il Cattaneo di inizio carriera era arrivato a pesare appena 59 kg a dispetto di 184 centimetri di altezza. "Negli anni successivi ho preso peso e sono arrivato a 75 kg. Oggi mi presento ai Grandi Giri pesando 68 kg e se a fine corsa arrivo a 65 kg, come già successo, mi sento già al limite". Insomma, per fortuna il corridore della Soudal Quick-Step ha ritrovato la retta via anche grazie al supporto degli specialisti preposti proprio per tutelare la salute degli atleti. "Oggi nelle squadre World Tour ci sono diversi nutrizionisti che ci controllano e che non lasciano che i nostri complessi ci condizionino. Se avessi ricevuto questa attenzione quando ero adolescente magari ne avrebbe tratto beneficio la mia crescita nel lungo periodo. Invece io guardavo i professionisti e la loro forma fisica ed ero convinto che se fossi diventato magro come loro sarei andato più veloce, finché non mi accorsi che così facendo non avevo più forze". Infine, un retroscena sul passaggio clou da un malessere profondo alla rinascita, in bici e non solo. "Mi hanno salvato Gianni Savio e la Androni, grazie ai quali sono andato alla Soudal Quick-Step. Non a tutti va così bene e quindi ai miei colleghi dico di trovare buoni consigli e l'equilibrio giusto".
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