Tour de France 2023, le pagelle della prima settimana: Pogacar in crescita, Vingegaard meno sicuro

Italia da ritrovare, Rodriguez la bella novità. Malissimo i corridori francesi

di ANGELO COSTA
10 luglio 2023
Tadej Pogacar e la maglia gialla Jonas Vingegaard

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10 a TADEJ POGACAR. Per esser uno che dopo la frattura corre con una vite nel polso sinistro ed è rimasto due mesi lontano dalle corse non se la sta cavando malissimo. Ha vinto una tappa, ha staccato due volte in salita il rivale diretto Vingegaard, gli ha tolto qualche certezza ed è lì in agguato ad appena 17 secondi di distanza: siccome col procedere del Tour di solito migliora, il bello deve ancora venire.

9 a JONAS VINGEGAARD. Non bellissimo e soprattutto incisivo nelle tappe del Tourmalet e del Puy de Dome, viene dato in calo, forse prematuramente. La realtà dice che ha la maglia gialla e che l’unica volta che ha staccato Pogacar gli ha inflitto un minuto. In più, può contare su uno squadrone esagerato. Deve ritrovare sicurezza, perché quando si è trovato a tu per tu con lo sloveno più che fragile di gambe è apparso incerto nel morale.

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9 ai FRANCESI. Intesi come popolazione che sa custodire bene il proprio Paese. Sul Puy de Dome il Tour non saliva da 35 anni perché questo vulcano spento, patrimonio Unesco, è un luogo dove la pace conta più di qualsiasi grande evento: chi lo amministra ha preferito mantenerlo così piuttosto che cedere alla tentazione del denaro. E questa, a livello civico, è una grande lezione.

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8 a JAI HINDLEY. Nella sua prima settimana in assoluto al Tour ha vinto una tappa, si è vestito di giallo e si è sistemato sul terzo gradino della classifica. Non male per questo australiano che dopo la sbornia da primato non è stato brillantissimo, ma che fin dalle Alpi ha il terreno adatto per mantenere il podio: sarebbe un risultatone in una corsa dove a comandare è chi arriva da un altro pianeta.

7 a CARLOS RODRIGUEZ. Quarto nella generale, sta facendo classifica con una regolarità impressionante nelle tappe più dure, dove è tra gli ultimi a perdere le ruote di quei due là. A 22 anni, con la prospettiva di passare alla Movistar con una squadra intera a disposizione, sulla ribalta più importante sta confermando le qualità già messe in mostra all’ultima Vuelta e non è poco.

7 a TOM PIDCOCK. Dalla prima giornata sui Pirenei si è rialzato con orgoglio e forza, mostrando di avere il passo per viaggiare in prima classe. In un team dove Bernal è costretto a fare il gregario per via di una condizione precaria, insieme a Rodriguez sta reggendo benissimo il peso della classifica: è settimo senza aver fatto cose straordinarie, ha spazio e tempo per migliorare ancora.

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6 ai GEMELLI YATES. Adam cala il jolly subito, tappa e prima maglia gialla, poi fatica a rientrare nel ruolo di appoggio a Pogacar, anche perché lo sloveno di appoggi quando decide di far la corsa non ne ha bisogno. E’ ancora nei primi cinque, a braccetto col gemello Simon, lui pure fin qui tra i più regolari, per quanto a sua volta distantissimo come tutti dalla coppia che guida la corsa.

5 a GIULIO CICCONE. Regala alla Patria l’unico podio, ma il suo secondo posto nella prima tappa pirenaica è già un ricordo sbiadito. Da lì in poi sembra fuori registro, sia per la caccia alla maglia a pois degli scalatori che per una fuga da lontano per vincere una tappa. Fuori classifica, in montagna non gli mancheranno altre occasioni per provare a lasciare il segno, a patto che sia pronto a coglierle.

5 all’ITALIA. Un secondo posto con Ciccone, un quarto posto col bravissimo Mozzato: il Tour dei nostri finora è tutto qui. Della nostra ridottissima pattuglia (sei in corsa, dopo il ritiro di Guarnieri con la clavicola rotta) l’unico sotto l’ora di ritardo in classifica è Ciccone. Al via da Bilbao si è sentito riecheggiare persino il motto ‘pochi, ma buoni’: fin qui, soltanto pochi.

4 ai FRANCESI. Intesi come corridori. Delle grandi speranze della vigilia, Gaudu è già a sei minuti, Bardet a quasi sette, mentre Pinot è vicino ai dieci. Prima del via, l’immenso Bernard Hinault, ultimo francese a conquistare il Tour, schierandosi per Pogacar ha detto che nemmeno questo sarebbe stato l’anno buono per i suoi connazionali: a quanto pare, non si sbaglierà.

2 a MIKEL LANDA. Incuriosisce sempre più col passar degli anni la sproporzione fra i risultati di questo corridore e il credito che lo accompagna. Regolarmente infilato nei pronostici con le più svariate motivazioni (quest’anno, la partenza dalla sua terra), finisce puntualmente per dare torto ai più fiduciosi. Stavolta anche più in fretta, perché dopo una settimana è già a nove minuti dalla vetta e i due che vanno più forte li ha visti solo alla partenza.

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