Ghiretti, regina del nuoto azzurro: "Più forte dell’ansia, così ho vinto"
Una splendida medaglia d’oro a Parigi 2024, una laurea in ingegneria biomedica e tanti progetti per il futuro

Giulia Ghiretti, 30 anni, campionessa paralimpica di nuoto nei 100 rana
Più importante di una medaglia è il calore umano, il poter condividere un risultato con le persone che ti vogliono bene. Lo dice senza pensarci troppo la nuotatrice paralimpica Giulia Ghiretti, oro a Parigi nei 100 rana SB, passata da Milano per un evento commerciale. In Francia per sostenerla c’erano 150 tifosi, dalla nonna 90enne fino al figlio di un mese del suo preparatore atletico.
Da Tokyo a Parigi che percorso è stato?
"In mezzo ci sono stati due Mondiali, l’Europeo e la Paralimpiade. È stato lungo, mi ricordo allenamenti, il mondiale dopo Tokyo di passaggio. Poi il secondo del 2023 con le due cinesi di Tokyo e lì è stata una bella prova. Nell’ultimo anno è tornata l’ungherese Fanni Illes, oro a Tokyo, che ha partorito. Il 2024 l’ho vissuto con tanti interrogativi, sapevo il suo valore e di non poter fare il suo tempo di Tokyo, però potevo dire la mia. Eravamo in 4 per l’oro. Per la prima volta sono arrivata con un po’ d’ansia".
Che rapporto ha con l’ansia? "Più vai avanti più sei consapevole di quello che puoi fare e di te stesso. L’ansia è stata più alta del passato, per la prima volta potevo giocarmi tanto a una Paralimpiade. La cosa bella è che non arriva dall’esterno, ma me la metto io: so come ho lavorato e quello che voglio fare. Ho i miei obiettivi, sono contenta se li raggiungo. Prima della gara c’era ansia e poi una liberazione".
Questa medaglia è più bella di quella di Rio?
"Rio è stata la prima, inaspettata, questa più sudata, cercata. La prima è venuta così, questa invece no, non che non ci fosse stato lavoro, però qui era l’obiettivo. La medaglia è bella ma la cosa più unica è averla condivisa. È stato quel qualcosa in più, in tanti volevano essere lì".
Dopo diversi podi, come si alza l’asticella?
"È difficile, quello che mi spinge sono le emozioni, dalla paura, al vuoto e alla gioia. Siamo abituati a sentire le cose intensamente e voglio continuare a vivere di certe sensazioni".
Ha una laurea in ingegneria biomedica...
"Non voglio buttare via anni di studio, mi piacerebbe unire le due cose. La tecnologia nello sport sta andando avanti e non solo a livello paralimpico. Un domani perché no?".
Pensa di essere un esempio?
"È difficile, ho fatto anche un libro che non volevo scrivere all’inizio: chi sono io per farlo? Cos’ho da raccontare agli altri? Non ho niente da insegnare. Poi mi hanno convinto per raccontare non Giulia, ma la storia, per far conoscere tutto ciò che è dietro: l’incidente, il ritorno a scuola, non facile, il rapporto con le persone. Ci sono ancora tante barriere, sarebbe bello fossimo sempre in piscina. Ci sono pure le barriere mentali con cui si fa sempre fatica ed è per questo che ho scritto un libro: il limite più grosso è la paura dell’ignoto, nel conoscere tutto si possono sciogliere i nodi".
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