Il pesante ko. Recanatese, adesso c’è da dare di più

Mancata ai giallorossi la feroce determinazione e L’Aquila ha fatto valere le sue indubbie qualità.

di ANDREA VERDOLINI
21 gennaio 2025
Marco Raparo

Marco Raparo

Non è che si avessero grandi aspettative affrontando L’Aquila che, al pari della Samb, assomiglia ora a un irresistibile rullo compressore. Si era consapevoli della gravità delle assenze di Bellusci e D’Angelo, si sapeva che ci sarebbero state sofferenze, visto che gli abruzzesi dispongono di due esterni, Sereni e Banegas, di altissimo livello e si temeva qualche contraccolpo psicologico, dopo la pesante scoppola subita dalla leader.

Tutto vero ma si poteva e si doveva offrire, al pubblico pagante, una prova diversa perché, sin dalle prima battute, si è notato come il modo di stare in campo non era quello consono per giocarsi le proprie possibilità. È mancata quella feroce determinazione spesso necessaria per colmare il gap tecnico e che deve caratterizzare un gruppo ancora impelagato nella lotta per la sopravvivenza.

Poca attenzione, scarsa lucidità, un pizzico di pressappochismo emerso anche in occasione dei due gol subiti. Il primo su una rimessa laterale in proprio favore, nella quale due giocatori ospiti sono andati a pressare Raparo ed è stata concessa ad uno dei capocannonieri del campionato, un’opportunità ghiottissima, tra l’altro sul suo piede forte.

Il raddoppio poi è scaturito da un anticipo di Di Santo sullo svagato Daniel Ferrante (preoccupante la recente involuzione) e sulla conclusione dal limite di Belloni ci si è messa la sfortunata deviazione di Cusumano che ha impedito qualsiasi intervento a Mascolo.

A corollario di tutto ciò il rigore non trasformato da Alfieri: la sua botta non era angolata e Michielin è riuscito a metterci la "manona", battezzando pure l’angolo giusto. Con la Recanatese in inferiorità numerica si sarebbe riaperta la partita? Impossibile dirlo, ma almeno si sarebbe dato un senso ai 20 minuti conclusivi trascorsi tra uno sbadiglio e l’altro, con il supplizio dei 6’ di recupero concessi dall’arbitro.

Anche lui ha dato il suo "contributo" ignorando in avvio la sbracciata di Barberini su Raparo che ha evitato ogni sceneggiata. Il fischietto riminese ha fatto da paciere quando doveva applicare il regolamento.

Questa la cronistoria di una partita nata male e finita in maniera triste, come quei pugili un po’ suonati che attendono il sollievo del gong. Invece, a scanso di equivoci, la zona playout è distante appena 2 punti con 14 gare da giocare ed una concorrenza assolutamente temibile: una considerazione che deve servire da pro-memoria, nel caso qualcuno l’abbia, troppo frettolosamente, dimenticato.

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