La storia. Quel bell’esempio di mister Trocchia
Può un allenatore di ragazzini prendere a calci il razzismo? Certo. Lo ha fatto in passato Igor Trocchia, che dalla...
Può un allenatore di ragazzini prendere a calci il razzismo? Certo. Lo ha fatto in passato Igor Trocchia, che dalla sua Napoli - quartiere Ponticelli - si trasferì con la famglia a Bergamo quando aveva appena 12 anni. Il pallone è sempre stata la sua passione ma lui in panchina è sempre stato qualcosa in più di un semplice “mister“, se è vero che la sua impresa più bella è stata quella di essere stato insignito con l’onoreficenza di Cavaliere della Repubblica dal Capo dello Stato Sergio Mattarella per aver ritirato la propria squadra (il Pontisola) da un torneo della categoria “Esordienti“ dopo che uno dei suoi giocatori era stato vittima di razzismo. L’episodio avvenne nel maggio del 2018 a Rozzano: un calciatore della formazione di casa insultò un avversario del Pontisola, un ragazzino di colore di 13 anni, con l’espressione "negro di m...". A quel punto, nonostante l’ottima posizione in classifica, mister Trocchia decise di far uscire dal campo i suoi piccoli atleti perché nessuna cosa al mondo poteva valere quell’epiteto razzista. "Non ci pensai due volte all’epoca - ricorda l’allenatore - chiesi ai ragazzi nello spogliatoio se fossero d’accordo ad abbandonare il torneo. Eravamo in finale e avremmo potuto vincerla, ma a quel punto non aveva più senso andare avanti". La vicenda rimbalzò su tutti i media italiani, e partendo proprio da quella storia l’ex tecnico del Pontisola ha scritto il libro dal titolo: “Igor Trocchia. Un calcio al razzismo“. Ricordando che un allenatore di calcio, prima che il ruolo di tecnico, veste quello di educatore, pedagogo, genitore. E non può rimanere indifferente a insulti a sfondo razziale indirizzati ad un calciatore.
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