L’Arezzo tiene il passo dei playoff. Pecorari: "Siamo in forma, sogno la B"
Pochi infortuni e condizione in crescita, il preparatore atletico e i piani di lavoro per il finale di stagione
di Luca Amorosi
AREZZO
La sconfitta di sabato non ha scalfito certezze e orizzonti dell’Arezzo, ancora in piena zona playoff a quattro turni dalla fine. La condizione fisica ora è cruciale e l’Arezzo ha una garanzia in casa: Maurizio Pecorari. Il preparatore atletico ha messo la firma sulla "Battaglia Totale" del 2018, sulla cavalcata del Pisa in B l’anno dopo (imbattuto da fine gennaio) e sulla vittoria della D. Oltre che su una salvezza già di fatto raggiunta quest’anno, sempre con una crescita di risultati e prestazioni nella seconda metà di stagione.
Pecorari, la squadra da fuori sembra brillante. È così?
"Lo confermano i dati più che buoni che registriamo ogni giorno. C’è sempre il rischio di arrivare in questo periodo con poca capacità aerobica, quando non c’è più tempo per fare richiami o lavori specifici. Invece, ci siamo arrivati bene".
Cosa serve per il rush finale? "Senza più soste e con l’eventualità di giocare ogni tre giorni ai playoff diventano essenziali i lavori di forza con carichi individuali per ciascun giocatore, in base al minutaggio che ha in partita e ai dati che emergono dal lavoro con la palla, la tipologia di allenamento preferita da Indiani. A seconda dei giocatori, del loro impiego e del loro ruolo, si integra il lavoro".
I playoff sono un mondo a parte?
"Arrivassimo in fondo, partendo dal primo turno, dovremmo giocare 10 partite in 35 giorni, con un clima più caldo e un dispendio energetico maggiore. Intervengono mille fattori, da quello tecnico a quello atletico, in cui è essenziale il lavoro svolto finora e il mantenimento di certi standard".
L’Arezzo ha subìto pochi infortuni muscolari finora. C’è un segreto?
"È vero, sono stati più di natura traumatica. Non uno in particolare, ma confido nella mia metodologia, che prevede un gran lavoro durante la preparazione, anche se non va più di moda. Applico un protocollo americano che si basa su test posturali, di stabilità e mobilità per ogni giocatore per poi fare lavori soggettivi di forza applicata. Ciò permette di aumentare la "cilindrata" del motore di un’atleta. Ha funzionato in passato, ma perché funzioni serve anche altro".
Cioè?
"Un rapporto franco e di reciproca disponibilità coi ragazzi. Meglio un allenamento in meno se uno ha fastidio o dolore, ma solo lui può dirti come si sente. Il confronto, umano e professionale, è basilare".
Con lo staff di questo biennio come si trova?
"Con tutti loro, anzi dal magazziniere a Indiani, si è creata un’alchimia speciale, altrettanto decisiva per ottenere risultati. Sono più che contento. Abbiamo vinto la D, un vero inferno. E se continuiamo così facciamo un altro piccolo miracolo quest’anno, se pensiamo da dove veniamo, che abbiamo fatto minutaggio, che abbiamo fatto crescere i giovani. Il sogno? La B con l’Arezzo. Ci andai col Pisa, ma con l’Arezzo da aretino avrebbe un altro sapore".
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