Kaitlin Armstrong condannata a 90 anni per l'omicidio di una ciclista

Stati Uniti, pena durissima per la texana: per i giudici ha ucciso a colpi di pistola una promessa del gravel per gelosia

di ANGELO COSTA
18 novembre 2023
kaitlin Armstrong (Austin Police Department)

kaitlin Armstrong (Austin Police Department)

Roma, 18 novembre 2023 – C’è un altro caso Armstrong nel ciclismo, sempre legato a Austin nel Texas, ma qui la protagonista è una donna. Si chiama Kaitlin Marie Armstrong, compirà 36 anni fra pochi giorni, ed è stata condannata a 90 anni per l’omicidio di una ciclista di 25 anni, Anna Moriah ‘Mo’ Wilson, campionessa di gravel, per motivi di gelosia. La sentenza è stata decisa dopo che la giuria aveva dichiarato colpevole l’imputata e che il pubblico ministero aveva chiesto ai giurati di ‘iniziare il calcolo della pena da un minimo di 40 anni di carcere e di andare avanti da lì’.

La vicenda che ha scosso gli Stati Uniti risale all’11 maggio dello scorso anno. Mo Wilson venne trovata morente nell’appartamento di un amico a Austin, dove si trovava per una gara, centrata da più colpi d’arma da fuoco. Sei giorni dopo la polizia emise un mandato d’arresto per la Armstrong, fuggita nel frattempo in Costa Rica utilizzando il passaporto della sorella e rintracciata dopo oltre un mese. A quanto ricostruito dagli investigatori, la sera dell’omicidio la Wilson aveva cenato con un ciclista specialista del gravel, Colin Strickland, fidanzato della Armstrong, col quale aveva avuto una breve relazione nel periodo in cui l’uomo era tornato single. In preda alla gelosia, dopo un fitto scambio di messaggi con la rivale che aveva già diffidato di avvicinarsi al suo fidanzato, la Armstrong, che nella vita fa l’insegnante di yoga, ha preso una pistola e, raggiunta la Wilson a casa di un amico che la ospitava, le ha sparato.

Iniziato l’1 novembre scorso, il processo ha dato spazio nei primi otto giorni a molte testimonianze, fra cui quella di Strickland, ultima persona a vedere in vita la vittima. La difesa si è battuta per la non colpevolezza della sua assistita, sostenendo che la telecamera di sicurezza di un vicino non mostrava immagini della presenza di Armstrong sul luogo del delitto. “La nostra cliente è finita in un incubo di prove circostanziali, in un caso basato su supposizioni, pregiudizi di conferma e mancanza di offesa diretta”, le parole dei legali dell’imputata, convinti che la polizia abbia trascurato di considerare altri sospettati.

Dura invece la requisitoria del pubblico ministero, che ha concluso sostenendo: “Nessun altro al mondo ha sparato con quella pistola e aveva il suo dna sulla scena. Nessun altro al mondo ha lasciato la scena dell'omicidio nella jeep di Kaitlin Armstrong due minuti dopo l’omicidio. Le prove puntano tutte in una sola direzione: l’imputato”. 

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