Il sogno olimpico di Bovo

"Convocato per quello che ho fatto negli anni a Ravenna" .

21 luglio 2024
Il sogno olimpico di Bovo

Il sogno olimpico di Bovo

Prigionieri di un sogno. Lo siamo noi che ci sforziamo, ogni volta, di trovare uno spunto per paragonarlo a quel campione che è stato il papà, cercando di fargli uscire una frase da titolo. Alessandro Bovolenta invece si gode il momento. Ha il sorriso pulito e sincero di un ragazzo felice. Felice di essere felice. E di condividere la felicità con tutti. Sarà anche arrivato dov’è arrivato grazie ai cromosomi, ma solo lui sa la montagna scalata (nella vita, prima di tutto, e poi anche nello sport). E non ce lo verrà certo a raccontare ai noi. Le Olimpiadi della vita, le ha già vinte. Per noi, e per tutti, è già un campione di umiltà e semplicità. Adesso ci sono da vincere quelle di Parigi. Quelle da giocare con la palla. Sabato c’è il debutto col Brasile. La favola può continuare.

Alessandro, che significato hanno le Olimpiadi?

"È una gioia grande, perché ho fatto tutto da me. Credo sia una convocazione che vale tanto per quello che ho fatto, soprattutto a Ravenna. E poi, insomma, sono le Olimpiadi, la competizione che ogni atleta sogna". Sentimenti?

"Gioia ed emozione".

Ambizioni?

"Andiamo a testa alta con tanta voglia di giocarci le nostre carte".

L’Italia affronterà Brasile, Egitto e Polonia.

"Non è un girone facile, dovremo dare il meglio di noi. Servirà subito tanta grinta contro il Brasile. Dovremo tenere sotto controllo l’Egitto. Con la Polonia sarà una sfida ‘tutto sangue’".

Dopo Parigi c’è Piacenza, la prima esperienza lontano da Ravenna...

"Sono pronto. È da un po’ che mi preparo per questa nuova avventura. Non vedo l’ora di iniziare, di conoscere i compagni e di dimostrare le mie qualità".

Mamma Federica cosa ha detto di questa avventura azzurra?

"È molto contenta ed emozionata. Ma è una emozione per tutti. Per la mia famiglia. Per i miei fratelli. Quando è arrivato a casa tutto il materiale della nazionale, è stata una festa".

Arianna, Aurora, Angelica e Andrea come la vivono?

"Sono tutti più emozionati di me. Vedere un fratello maggiore che va alle Olimpiadi, è una soddisfazione. Sono contento che sia un orgoglio per loro, che ne parlano con gli amichetti e coi compagni di pallavolo". Parliamo di aspettative tecniche?

"Sono pronto".

Quanto spazio ci sarà?

"Per il momento gioca Romanò".

La panchina va stretta?

"Ognuno di noi sa qual è il proprio ruolo e qual è il proprio posto in questa squadra. Romanò sa che è il titolare. Se le cose dovessero andare male, ci sono io. Sono sempre pronto".

Tra l’altro sarà la stessa dinamica che si riprodurrà a Piacenza.

"Esattamente".

Non era forse meglio andare un posto da titolare?

"Ho voglia di giocarmi le mie carte in un club importante e ambizioso. Devo anche capire qual è il mio livello. Sono molto fiducioso di come potrà andare questa avventura".

C’è solo la pallavolo nella testa di Bovolenta?

"Mi iscriverò all’università. Seguirò i corsi online, perché ‘in presenza’ sarebbe molto difficile. Credo che farò Scienze motorie".

L’argento di Atlanta 96 e i 197 gettoni azzurri di papà Vigor possono essere un obiettivo? "Sono il più giovane del gruppo. Per adesso penso solo al presente e a dare continuità a quello che sto facendo. Ecco il mio obiettivo, ovvero restare in questa nazionale".

Nella valigia per Parigi c’è anche un pezzetto di Ravenna? "Nella valigia, nel cuore e nell’anima. Come potrebbe essere diversamente? Nelle mie espressioni e nel mio modo di giocare c’è sempre Ravenna".

E in concreto?

"Mi porto tutti gli scalini che ho salito negli ultimi anni. Non dimentico che, due anni fa, Marco Bonitta si fidò di me, da debuttante. Sono molto contento di aver ripagato di questa scelta e di essere qui a giocarmi le Olimpiadi".

Solo contento o anche orgoglioso?

"L’orgoglio lo devono avere gli altri. Io sono veramente molto felice. Gioco a pallavolo...".

E, quando gioca, pensa mai all’orgoglio che avrebbe avuto papà Vigor nel vederla dov’era stato lui?

"Sono ragionamenti che fanno gli altri. È un qualcosa che forse si vede da fuori. Ho il mio gioco, il mio stile, che magari assomiglia molto al suo. Ma io penso solo a fare bene, col mio numero 23".

Roberto Romin

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