Bovolenta, il passo giusto: "Non ho fretta, a Parigi si arriva anche dall’A2"
Fa parte della nazionale maggiore, ma non è voluto salire nella Superlega: "Era più importante giocare e migliorare con un allenatore come Bonitta"
Roma, 29 dicembre 2023 – Alessandro Bovolenta è già riuscito nell’impresa più difficile: nessuno lo tratta come il ’figlio di’, nel suo caso di Vigor Bovolenta, campione azzurro scomparso dieci anni fa per un problema cardiaco, mentre era in campo a Macerata. Alessandro, 19 anni, gioca anche in ruolo diverso, opposto invece che centrale. E si sta costruendo la sua strada: era già nel gruppo arrivato secondo agli ultimi Europei.
Alessandro, che 2023 è stato per lei?
"Lunghissimo, composto da tante piccole stagioni messe insieme, da quella con la mia società di Ravenna alle due nazionali giovanili e poi alla nazionale maggiore, non c’è mai stato un attimo di sosta".
E al 2024 che cosa chiede?
"Di continuare a tenermi impegnato nello stesso modo, io penso soprattutto a giocare, poi le cose verranno da sé. Diciamo che vorrei qualche sorpresa, io cerco sempre di dare il meglio".
La nazionale maggiore è un’altra cosa, rispetto alle giovanili?
"Sì, è un altro livello, una situazione di vita, di gruppo e di gioco molto diversa. Pensavo che non sarebbe stato facile entrare in un gruppo adulto che ha già vinto: sicuramente è difficile sul piano tecnico e della competizione, ma su quello umano sono stati bravissimi ad accogliermi, sono ragazzi fantastici. Mi hanno aiutato a dare il meglio di me sia in allenamento che in partita, incitandomi a spingere sempre".
Le responsabilità sono diverse: nelle giovanili lei era un riferimento, qui è il più giovane del gruppo.
"In realtà le responsabilità si sentono sempre, con i grandi all’inizio mi giocavo il posto con Gironi, quindi fino all’ultima settimana prima dell’Europeo ho dovuto dare il meglio. La pressione c’era, e poi dal più piccolo ci si aspetta giustamente che dia sempre il massimo, anche io volevo far vedere che meritavo di stare con loro".
L’Europeo in Italia che esperienza è stata?
"Sembrava di essere al Giro d’Italia: abbiamo iniziato a lavorare a Cavalese, poi siamo scesi a Bologna, poi Perugia, Ancona, poi fino a Bari e infine siamo tornati a Roma. È stato bellissimo perché ogni palazzetto era pieno di gente e poi ci aspettavano fuori, un’emozione continua".
Lei poteva già essere nel massimo campionato, eppure ha scelto di rimanere in A2 a Ravenna per giocare.
"Sì, perché credo che ancora ci sia tempo per fare il salto in Superlega, non aveva senso affrettare i tempi per stare in panchina e magari passare l’anno a rincorrere un posto da titolare, senza essere sicuro di giocare. E poi c’è Bonitta".
Il suo allenatore a Ravenna. Lo fu anche di suo padre.
"Marco sa benissimo che cosa devo fare per migliorare, mi conosce bene da sempre, sa come farmi lavorare per perfezionare quei colpi che devo ancora completare. Ne abbiamo parlato con lui, ci siamo confrontati anche con la mia famiglia e abbiamo deciso che la cosa migliore era cominciare a studiare i colpi che servono nel massimo campionato provandoli intanto in A2. Poi l’anno prossimo arriverà il momento di provare a volare".
A proposito di Bonitta. Lui allenò suo padre Vigor nelle giovanili di Ravenna, il ct De Giorgi ci ha giocato insieme. Che cosa le raccontano di papà?
"Niente".
Come niente?
"Lo so che sembra strano, ma la verità è che non affrontano mai l’argomento, non mi hanno mai paragonato a lui e neanche mi hanno detto come si comportava, sanno che sono due storie diverse".
Conoscendo il rapporto che avevano con Vigor, non deve essere facile neanche per loro. Si saranno impegnati pensando che sia meglio così.
"Può darsi. Mi chiamano Ale tutti e due, e sono felice che siano i primi a capire che sono storie diverse. Al massimo mi hanno raccontato di qualche scherzo che papà combinava, ma sono sempre stati dentro il loro ruolo di allenatori. Penso che siano stati molto bravi, ho apprezzato molto".
Ale, qual è il regalo più strano che ha ricevuto?
"A mio fratello ho portato una maglietta di LeBron James".
In famiglia stanno crescendo altri pallavolisti, anche Arianna è nel giro delle nazionali.
"Ma con lei la competizione c’è solo quando facciamo le partite in famiglia, altrimenti ci confrontiamo, lei guarda i miei video e i io i suoi. Quando invece giochiamo con il cancello di casa nostra come rete, non si fanno prigionieri".
E chi vince?
"Angelica la mettiamo a fare l’arbitro. Le squadre sono io e Andrea contro Arianna e Aurora, maschi contro femmine. Io e Arianna che siamo più grandi cerchiamo di non spingere troppo, ma quando ci sono i punti decisivi nessuno regala niente, quando ci esce la competizione diventa palla avvelenata".
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