Fortitudo, coach Attilio Caja commenta il suo ritorno: “Era impossibile per me dire di no”
Riappacificate le parti: l’allenatore pavese di nuovo sulla stessa panchina lasciata a giugno. Il presidente Stefano Tedeschi: “Ringrazio coach Cagnardi. Siamo qua per ripartire”
Bologna, 20 novembre 2024 – “La società mi ha dato grande disponibilità. I tifosi sono incredibili, i ragazzi disponibili e io anche: abbiamo tutte le condizioni per fare bene e sono certo lo faremo. Dobbiamo avere un briciolo di fortuna”.
Nella stessa Sala Blu all’interno della storica sede della Furla di via San Felice, che 824 giorni fa aveva accolto per la prima volta coach Attilio Caja, è la grande soireé del tanto atteso, quanto necessario, ritorno in sella del tecnico pavese. Così, nei frenetici giorni che hanno portato all’andata e al ritorno del presidente Stefano Tedeschi e all’uscita di coach De (4-7 il suo bilancio stagionale; 6-7 con la vittoria della Supercoppa), Caja torna a sedere sulla stessa panchina lasciata a giugno al termine di una cavalcata al sapor di serie A (la Effe sfiorò l’A1 perdendo in finale con Trapani 3-1) e non senza qualche residuo polemico e legale fra lui e società. Ma tant’è: senza più alibi per i giocatori, piombati al 13esimo posto nella classifica di A2, inizia ora un nuovo corso per la Fortitudo. v is Cagnardi
“Un pensiero per iniziare a Cagnardi – introduce il coach –, è un allenatore che conosco e mi ha scritto un messaggio di benvenuto: deve vederlo come un episodio sfortunato, come diceva Boskov gli allenatori si dividono in allenatori esonerati e quelli che lo saranno”. Com’è maturata questa situazione? “Ringrazio Tedeschi e i soci per aver ripensato a me in questa situazione, era impossibile per me dire di no. Dov’eravamo rimasti, dunque? Sono convinto che la squadra sia forte, ci eravamo lasciati a una finale con Trapani, però con sincerità dico che avremmo meritato di giocare con la squadra al completo: è rimasto un filo di rammarico. Quest’anno dobbiamo fare altrettanto perché sappiamo quanto è bello arrivare lì e potersela giocare. A furia di andarci vicino prima o poi ci si prende”.
La riappacificazione tra le parti. “Non ho posto nessuna condizione, anche perché delle cose sono successe, magari anche per qualche errore da parte mia, e quella che era una pallina di neve è diventata una slavina: ma non c’erano cose insormontabili, un’influenza si cura velocemente. Un anno e mezzo fa c’era da fare tutto, adesso c’è già un’impalcatura. Cos’ho fatto in questi mesi? Ho visto l’Inter allo stadio, ma non ho visto una partita della Fortitudo: sono mentalmente libero e non mi sono fatto nessuna idea”.
Il primo allenamento con la sua nuova vecchia squadra. “Ho detto alla squadra che non devono pensare che io sia la medicina, perché in campo ci vanno i giocatori: io posso dare il mio aiuto, le mie conoscenze e quant’altro. Ma è il loro impegno, dagli allenamenti alle partite, che fa ottenere i risultati. La mia è solo una parte. Li ho subito trovati disponibili: con Aradori ho detto che siamo già a un buon punto. Ora siamo al 50 percento, ma questo mi dà fiducia per crescere. Io devo fare risultato e noi dobbiamo stare in A1: però attenzione, non c’è niente di automatico, nessuno ci regala niente. Solo il lavoro e l’applicazione contano: sono convinto e molto fiducioso che i ragazzi possano fare la loro parte e che possiamo fare molto bene”.
La parola poi al presidente Tedeschi, protagonista dell’ultima settimana biancoblù. “Permettetemi prima di tutto di ringraziare coach Cagnardi – introduce il presidente –, una bella persona che in questi mesi è stata seria e per bene. Purtroppo è lo sport, non sempre i risultati arrivano e chi ne paga le conseguenze è il coach, anche complici gli infortuni. Ma siamo qua per ripresentare Attilio e ripartire: ci sono stati dei problemi alla fine della stagione scorsa, le partite hanno portato delle tensioni e a un contenzioso. Ma quest’anno siamo arrivati a un certo punto e dovevamo prendere una decisione”.
Le tappe del riavvicinamento e della riappacificazione
“Ho parlato col procuratore di Attilio, che sarebbe stato contento di tornare. Per i rapporti che avevamo maturato negli anni ho apprezzato. Gli stupidi o i morti non cambiano opinione: ma io non lo dico perché su Attilio non ho mai cambiato opinione. Non c’era da cambiare idea sul suo conto, ci siamo trovati a metà strada fra Bologna e Pavia e immediatamente ci siamo chiariti e in fretta abbiamo trovato un giusto accordo per ripartire fino alla prossima stagione. C’è l’entusiasmo di andare avanti per il bene di questa società”.
La medicina per una Effe tredicesima in classifica
“Caja conosce il 60 percento dei giocatori. Sono straconvinto che, scongiurando la malasorte, riavremo presto Aradori: abbiamo ancora la possibilità di recuperare quel che abbiamo lasciato per strada. C’è un mondo di possibilità. Abbiamo un pubblico che merita il nostro impegno, non ce ne sono altri come loro in giro per l’Italia e loro sono il nostro patrimonio e riferimento. Chiedono una cosa indispensabile e che a Cantù non si è vista”. Le motivazioni della recente uscita di scena del numero uno fortitudino. “Io mi sono dimesso di fronte ai risultati della squadra, oltre a ragioni familiari: qualcuno doveva risponderne. Se va così qualcuno ha sbagliato qualcosa, quando le cose non vanno sia giusto intervenire. Mi sembrava giusto rimettere il mandato, complice una dose di stress personale. Chi avrebbe pensato a questa situazione a metà novembre? Un anno fa abbiamo giocato una finale”. Prima del rientro: la Fortitudo prima di ogni altro interesse personale. “Quel che è stato fatto è stato fatto per il bene della Fortitudo, senza egoismi personali. Questa era una cosa necessaria. Non sono andato all’incontro coi soci: ringrazio Giovanni Pennica per quella che è stata la loro dimostrazione di affetto per farmi ritornare sui miei passi e continuare con l’attività”.
Il ruolo di Teoman Alibegovic
“C’è un rapporto di cordialità, al di là di tutte le dietrologie che qualcuno sta facendo. Come in tutte le società ricopre il ruolo di chi può sostituire il presidente e ci sono delle cose che si possono delegare e altre no”.
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