Due anni di Arnautovic al Bologna: niente lieto fine, un matrimonio lasciato a metà
Si consuma la separazione tra la punta e il club. Sotto le Due Torri 25 gol, emozioni, ma pure tensioni.
Bologna, 15 agosto 2023 – I gol: 25 in 58 partite. Mica male per uno che aveva scelto la Cina come paradiso dorato degli elefanti.
Le incomprensioni con Motta: un numero incalcolabile, perché chissà quante ne avremmo viste, a fronte delle poche raccontabili e raccontate, se fossimo stati mosche ronzanti tra le quattro pareti dello spogliatoio (e al netto della tregua firmata di recente da allenatore e centravanti nel ritiro di Valles).
Gli attestati di stima ricevuti dai compagni: tanti pure quelli, perché dietro la maschera da ‘bad boy’ si celava un over 30 che aveva capito gli errori di gioventù e che a suo modo nello spogliatoio sapeva essere trainante.
Purtroppo anche gli infortuni: segnatamente quel piede destro maledetto che all’inizio del 2023 gli ha fatto saltare quattro mesi di partite, con inevitabile codazzo di veleni. E quella coscia, palpata ossessivamente in campo dal primo all’ultimo giorno: un gesto iconico dei suoi malumori veri e presunti.
E poi i corteggiamenti estivi: un’estate fa il Manchester United, a questo giro prima il Milan e poi l’Inter, con cui alla fine è convolato a nozze.
La sostanza è che con Marko Arnautovic non ti annoiavi mai: sia che giostrasse al centro dell’attacco sia che se ne stesse col broncio in panchina o ammaccato in tribuna.
Due anni vissuti sul filo delle emozioni intense, inaugurate quel 26 luglio 2021 in cui via Indipendenza si trasformò in uno spicchio di Dall’Ara, con cinquecento tifosi in estasi schierati davanti all’ingresso dell’hotel, con tanto di cori e fumogeni, per accogliere degnamente il nuovo messia rossoblù.
Fu subito Arna-mania, fenomeno inevitabile in una piazza che in Arna vedeva uno dei tanti big, su tutti Baggio e Signori, che in passato avevano scelto l’oasi felice di Casteldebole per rigenerarsi nell’ultimo tratto di carriera.
Due volti Marko Arnautovic non dimenticherà mai nella sua breve ma intensa storia sotto le Due Torri: quelli di Sinisa Mihajlovic e Walter Sabatini.
Perché tra caratteriali ci si capisce al volo e tra serbi ancora di più. Quello tra Marko (padre serbo e madre austriaca) e Sinisa è stato un rapporto “come con un padre o un fratello”, ammetterà lo stesso centravanti.
Mihajlovic da due anni cercava la punta di peso che Santander non era e quando a Sabatini si accese la lampadina il tecnico alzò il telefono e non impiegò molto a convincere Marko.
Anche i 3 milioni netti a stagione, va detto, furono un bell’incentivo per arrivare alla fumata bianca. Ma il clan di Arna è esteso: il fratello-agente Danijel, il suo braccio destro Pasquali ma soprattutto la famiglia, che dopo qualche tentativo a vuoto alla fine si era sistemata nella collina sopra Ozzano, in una villa con piscina non lontana da volpi e cerbiatti ma soprattutto lontanissima da chi poteva ficcare il naso nella privacy del capobranco.
Se ne va uno che qui ha lasciato il segno. Idolo dei tifosi no, ma neanche protagonista di screzi con la curva. Nemmeno quando, dopo un Bologna-Sampdoria, un tifoso rispedì al mittente la sua maglia. Il giorno dopo, ai cancelli di Casteldebole, scoppiò subito la pace.
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