Bove, la partita più importante: lesione al ventricolo sinistro, a rischio la carriera in Italia
Il calciatore della Fiorentina sta meglio e dalla terapia intensiva è stato trasferito nel reparto di cardiologia. Monitorato a scopo precauzionale, il medico: “Nel nostro Paese non si può giocare con un defibrillatore interno”
Firenze, 4 dicembre 2024 – C’è il rischio che il centrocampista viola Edoardo Bove non possa più giocare a calcio. Ora sta bene. Dal reparto di Cure intensive del trauma e delle gravi insufficienze d’organo è stato spostato ieri nella terapia intensiva della Cardiologia di Careggi, monitorato a scopo precauzionale. Il ciclo di accertamenti per arrivare a una diagnosi certa prosegue. Il giocatore del club viola al diciassettesimo minuto del match Fiorentina-Inter domenica scorsa si era accasciato sul campo di calcio: subito soccorso, durante il trasporto in ospedale aveva avuto un arresto cardiaco per fibrillazione ventricolare.
Nella sfortuna, fortunato. Il Dae ha fatto il suo lavoro, il cuore è tornato a battere normalmente: cardiovertito in pochi minuti senza che il cervello abbia riportato alcun danno. Prima di lui il capitano della Fiorentina Davide Astori, il centrocampista del Livorno Piermario Morosini non ce l’avevano fatta.
Ma perché è successo? L’accurata indagine di cinerisonanza magnetica del cuore effettuata lunedì sembrerebbe aver messo in rilievo una lesione del ventricolo sinistro. Che parrebbe essere stata presente anche nelle tre risonanze magnetiche cui il calciatore era stato sottoposto dal 2020 dopo aver avuto una miocardite post Covid. Ora toccherà ai test genetici dare un nome all’eventuale patologia cardiaca. Servono da uno a tre mesi per individuare possibili alterazioni. La causa della fibrillazione, se sarà confermata la lesione del ventricolo, sarebbe chiarita. Mentre agli esami genetici spetta il compito di individuare il motivo per cui si sarebbe formata la lesione. Potrebbe essere l’esito cicatriziale della pregressa miocardite oppure l’espressione di una cardiomiopatia aritmogena congenita su base genetica, il male che aveva ucciso anche Astori e Morosini.
Se i test dovessero confermare i sospetti diagnostici quali conseguenze potrebbero esserci per il calciatore? “In quel caso l’arresto cardiaco sarebbe stato manifestazione di una patologia cardiaca sottostante ed esporrebbe l’atleta a potenziali recidive nel tempo, di conseguenza richiederebbe l’impianto di un defibrillatore di prevenzione secondaria”, spiega il professor Domenico Corrado, direttore dell’Unità operativa delle Cardiomiopatie genetiche e cardiologia dello sport all’Università di Padova, uno dei massimi esperti al mondo. E a livello agonistico? “Per le linee guida nazionali di Medicina e cardiologia dello sport gli atleti con defibrillatore non sono idonei all’attività sportivo-agonistica che potrebbe favorire recidive che, pur in presenza di defibrillatore, rimarrebbero eventi potenzialmente letali. Inoltre l’attività agonistica potrebbe favorire la progressione della malattia cardiaca strutturale sottostante, specialmente se dovesse trattarsi di una cardiomiopatia genetica”.