Moratti: "Inzaghi è formidabile, con lui Inter senza limiti"
Il patron che fece grandi i nerazzurri dopo aver acquistato il club nel 1995: "Il gruppo che ho amato di più? Quello di Simoni e Ronaldo, non del Triplete"
Trent’anni anni fa, all’alba o quasi del 1995, Massimo Moratti comprava l’Inter. A costo di un litigio con la sua signora. "Avevo promesso a Milly che non l’avrei fatto, lei preferiva destinare in solidarietà quei quattrini. Ma la passione fu più forte. Mia moglie apprese la notizia dalla televisione. Non voleva più farmi entrare in casa".
Come la rabbonì?
"Lei mi disse che dovevamo impegnarci per aiutare chi soffre. Le risposi con una battuta: conosci qualcuno che soffra più degli interisti, mentre il Milan di Berlusconi vince tutto e la Juve sta tornando grande? Così, mi perdonò".
Moratti a maggio fa 80 anni. Appartiene alla storia delle grandi dinastie italiane del Novecento. Io gli voglio bene, non soltanto per la comune fede nerazzurra.
Trent’anni dopo, si è mai pentito di quell’acquisto, di aver restituito l’Inter alla famiglia di papà Angelo?
"Sinceramente?".
Sinceramente.
"No, mai. Almeno per ora, almeno finora. Però, vuol sapere una cosa buffa?"
Prego.
"Si è pentita la mia signora. Fosse per lei, dovrei ricomprare la Beneamata qui e ora".
Beh, con tutto il rispetto per il fondo Oaktree, attuale proprietario dell’Inter, io sto con sua moglie.
"Eh, vede, semplicemente è cambiato il mondo, non solo il tempo".
Lo so, oggi in serie A sono sempre più numerose le proprietà straniere, il Genoa l’ha appena preso un romeno, il Verona un altro fondo Usa…
"Guardi, io sono stato tra i primi a cedere all’estero, quando vendetti l’Inter a Thohir, l’indonesiano…".
Un precursore.
"Avevo visto cosa stava accadendo nella Premier inglese. L’esplosione dei costi, la globalizzazione dei capitali, eccetera. Era ed è una tendenza impossibile da contrastare, o quasi".
Ma lei, almeno lei, non ha nostalgia di un calcio in cui il patron era il primo tifoso del club che presiedeva? Penso a Berlusconi al Milan, a Sensi alla Roma, al Bologna, alla Fiorentina, al Parma e potrei continuare, l’elenco si allunga in pratica ogni giorno.
"Come si fa a non avercela, la nostalgia? Sentimentalmente era più bello una volta. Però bisogna essere realisti. In Inghilterra i padroni sono appunto tutti stranieri e la Premier è bellissima. Bisogna evitare i luoghi comuni. Giusto per fare un esempio, quelli di Oaktree all’Inter si stanno dimostrando bravissimi. Dopo di che…".
Dopo di che?
"È giusto ammettere che a livello emozionale c’è una differenza. Non necessariamente negativa. Mi spiego: meno conosci il proprietario e più da tifoso ti appassioni alla squadra, ti identifichi con il valore ideale del club".
Ne deduco che lei è sempre interista.
"Certo, ci mancherebbe".
Dove può arrivare il gruppo di Marotta e di Inzaghi?
"Ovunque! Vedo una squadra d’acciaio, che non si smarrisce mai. Poi naturalmente c’è tanta concorrenza, in Italia e in Europa".
Chi è il valore aggiunto di questa Inter?
"Inzaghi, l’allenatore. È formidabile".
Le ricorda qualcuno dei suoi mister?
"Anche no. Vede, i tecnici sono tutti uguali e tutti diversi. Uguali, perché in pubblico debbono ripetere le stesse cose. Diversi, perché ognuno di loro ha un progetto esclusivamente suo. Di Inzaghi mi piacciono due cose: l’idea di calcio propositivo che ha e il fatto che non pretende la ribalta, non si mette mai al centro della scena".
Presidente, 30 anni dopo quale Inter ha amato di più? Quella del Triplete di Mourinho?
"No".
No?
"No, sebbene ne conservi beninteso un ricordo indelebile. Ma ho amato di più la squadra di Simoni, con il primo Ronaldo. Vinse meno di quanto avrebbe meritato e più tardi abbiamo anche scoperto perché".
Buon Natale, caro Moratti. Quando la rivedremo a San Siro?
"Spero presto, dipende dalla salute, ormai ho una età. Auguri a tutti quelli che si riconoscono nelle emozioni che solo lo sport sa regalare".
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