Milan e Maldini, dal “fuoco amico” alle strategie di mercato: i retroscena di un divorzio improvviso ma inevitabile

Il comunicato gelido della società di Cardinale mette fine a un rapporto mai semplice con il campione diventato direttore dell’area tecnica. E ora comincia un’estate all’insegna dell’incertezza

di GIULIO MOLA
6 giugno 2023
Gerry Cardinale e Paolo Maldini, ormai ex direttore area tecnica

Gerry Cardinale e Paolo Maldini, ormai ex direttore area tecnica

Il comunicato gelido del Milan, l’ufficializzazione di una risoluzione per nulla consensuale trattandosi di un vero e proprio “benservito“. Poco dopo le 17 arrivano quelle poche righe che tutti aspettavano da 24 ore ma che nulla spiegano: "La società comunica che Paolo Maldini conclude il suo incarico nel club, con effetto dal 5 giugno 2023. Lo ringraziamo per il suo contributo in questi anni, con il ritorno del Milan in Champions League e con la vittoria dello Scudetto nella stagione 2021-22. Le sue responsabilità saranno assegnate a un gruppo di lavoro integrato che opererà in stretto contatto con il coach della prima squadra, riportando direttamente all’Amministratore Delegato”. Tutto qui.

Alle origini di uno strappo

Ma il divorzio rumoroso e con effetto immediato di Paolo Maldini (e Ricki Massara) dal Milan non è stato un fulmine a ciel sereno. Lo strappo violento c’era già stato lo scorso anno, nei giorni del passaggio di consegne fra Elliott e RedBird. E in tanti, nell’ambiente rossonero, sapevano che mai si sarebbe ricucito e che prima o poi ci sarebbe stato il regolamento di conti interno. Sono tanti i retroscena emersi nelle ultime ore, a conferma del fatto che vecchia e nuova proprietà (in realtà entrambe, ad oggi, comandano) già nel maggio 2022 volevano “silurare“ il direttore dell’area tecnica. Rinviata alla prima occasione buona, appunto, il 5 giugno 2023. “Quando torna Cardinale faremo delle riflessioni su Maldini...”, diceva nelle scorse settimane chi è vicinissimo al numero uno di RedBird. Parole che erano giunte alle orecchie del diretto interessato (“Sappiamo che siamo nel mirino del fuoco amico”, aveva confidato ad alcuni conoscenti), che ormai aveva capito di chi fidarsi.

Una scelta drastica

Non si sbaglia dunque quando si afferma che quello di Maldini e Massara (per lui comunicato atteso nelle prossime ore) sembra molto simile ad un “licenziamento“ in tronco. Un “out“ secco. Eppure i due solo pochi giorni fa sorridevano in fotografia al rinnovo di Leao, addirittura Paolo era in campo domenica per l’addio di Ibrahimovic e Pioli in conferenza stampa “passava“ la palla proprio ai suoi uomini mercato. Insomma, nulla lasciava presagire un simile repentino epilogo. O forse no. Perché le ruggini c’erano, e tutti sapevano.

Mercato e non solo

Modi di pensare differenti, alla base della decisione: il mercato è solo l’ultimo motivo che ha portato alla traumatica separazione, ma alla base del rapporto non idilliaco tra Maldini e Cardinale c’è proprio la gestione del club e alcune scelte del dt che non sono piaciute (anche dal punto di vista comunicativo, come le interviste rilasciate da Maldini nel maggio 2022 e ancora nel maggio 2023 con il dito puntato prima su Elliott e Gazidis e poi su Cardinale). C’erano idee e visioni diverse tra l’area tecnica, che per il futuro chiedeva maggiori investimenti, e la proprietà, che invece è convinta che la gestione sostenibile sia ancora la strada giusta. E quando si viaggia su binari che non sono paralleli, con il proprietario che dice di andare a destra e il dirigente a sinistra, il deragliamento è inevitabile. E se le ultime esternazioni post semifinale di Champions sono state la goccia capace di far traboccare il vaso, in realtà anche l’impostazione del mercato futuro era già diventata oggetto di conflitto: dall’altro RedBird vuole puntare su giovani di valore, dall’altro i dirigenti già operativi trattavano l’over 30 Arnautovic (10 milioni) e Berardi (20 milioni).

Impossibile andare avanti così

Certo, è bizzarro che proprio Maldini non sia riuscito a capire la strategia di Cardinale. O più semplicemente, che non l’abbia accettata. Conti in ordine e sostenibilità per mantenere il club nelle zone alte della classifica. Ma per vincere con frequenza, il vero obiettivo dell’uomo di calcio Maldini, occorreva spendere. E questo non rientrava nei piani di chi, come Cardinale, cerca ancora nuovi soci. Perché anche questo è un dettaglio mica da poco e va spiegato a chi lo ignora: il Milan di oggi è una specie di partnership tra Elliott e Redbird e non una vera e propria vendita dal primo fondo al secondo. Perciò bisogna partire da un presupposto che non è tecnico: Gerry Cardinale sta cercando investitori per il club rossonero. Perché tutti sanno (anche se pochi ne parlano) che nella trattativa che ha portato Elliott a cedere, in realtà Cardinale compra ma facendosi prestare dei soldi da chi vende. Non solo: in società restano ancora, con ruoli importanti, alcuni uomini (il presidente Scaroni e l’ad Furlani) presenti già nella passata gestione. Insomma, il fondo RedBird acquista il Milan ma a “rate“ cercando dei soci per restituire quanto prima a Elliott quei 600 milioni prestati da Elliott un anno fa e bisogna far presto a rintracciare dei soci. Siccome questi nuovi investitori ancora non ci sono, è importante far vedere che i conti sono in attivo. E a Cardinale servono dirigenti che eseguano il suo mandato, portando un bell’utile alla fine dell’esercizio. Come accaduto quest’anno (prima semestrale con il segno + 20 milioni).

Il bivio

Maldini però non ci sta, chiede fondi per il mercato. Ma con un budget e il quinto monte ingaggi del campionato messi a disposizione dalla proprietà non se la sente di garantire il Milan ad alti livelli. Cardinale forse non aspettava altro. Anzi, no. Avrebbe mandato via comunque Maldini ritenendo vecchia questa gestione del mercato. RedBird punta sul mercato degli algoritmi, quello dei 40mila profili da valutare su un computer per arrivare ai 25 nomi da valutare. Maldini no. Crede ancora nell’intuizione. Quella che i numeri non possono dare. L’intelligenza artificiale da sola non basta.

La frattura 

Cardinale però sa di essere in una posizione difficile, perché buona parte della squadra (soprattutto i senatori) è legatissima a Maldini. E da questo punto di vista, occhio alle ripercussioni. E nè Moncada (che in passato aveva segnalato alcuni calciatori poi bocciati da Maldini come Kolo Muany o Fernandez) o Furlani (pare fosse contrario all’ingaggio di Tonali e non prese bene l’operazione Messias fatta nel cuore della notte) hanno il prestigio di Paolo. Cardinale sa di giocarsi una partita pericolosa, perché se fra un anno i risultati sportivi saranno diversi tutti tornerebbe a parlare di Maldini. Non solo. Cardinale si gioca la credibilità davanti ai tifosi, proprio lui che ai supporter non ha mai parlato. Neppure sapeva che il Milan aveva vinto 7 Champions League. Ma a Cardinale delle 7 Champions, della storia, del brand, del romanticismo e del popolo rossonero poco importa. Eppure la presenza di Maldini a Milanello è sempre stata considerata fondamentale. Basterebbe rileggersi certe dichiarazioni passate di Tomori («Ricordo la sua telefonata prima di firmare»), Giroud («A questo club manca una persona di una certa carisma») Theo («Io scelto da Maldini, che onore») e Maignan («Ho scelto il Milan dopo l’incontro con Maldini»).

Cambio di rotta

Ora il Milan si avvia verso una nuova estate di cambiamenti. Vero, la più grande operazione è già fatta con il rinnovo di Leao (uno dei più delusi dalla decisione della società), giocatore che - a livello internazionale - garantisce competitività e valorizzazione del brand Milan. Ma non ci saranno grandi stravolgimenti tecnici: verranno acquistati calciatori giovani - seguendo un modello sostenibile - valorizzati e, eventualmente, rivenduti per ricavarne plusvalenza. Maldini e Massara avevano già portato avanti diverse trattative e lunedì in sede erano attesi i procuratori di Kamada e Loftus-Cheek, ma poi sono stati annullati gli appuntamenti. Ora si ripartirà da zero con nuove operazioni. E soprattutto, visto che dallo spogliatoio del Milan arrivano feedback di alcuni giocatori preoccupati, bisognerà affrontare anche questo tema e magari rassicurare i calciatori ritenuti indispensabili per il progetto rossonero. Resta chiaro un concetto, i leverage buyout delle squadre di calcio come il Milan: ripagare il debito, vendere progressivamente e monetizzare dalla cessione dei migliori giocatori, tenere bassa la struttura dei costi e non fare investimenti eccessivi per l’acquisto dei giocatori. Troppo per uno come Maldini. Che non ha voluto tradire i suoi tifosi.

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